Ieri nel triangolo di terre tra Striscia di Gaza, Egitto e Israele regnava più confusione del solito. Missili lanciati dal Sinai verso Eilat, nel sud di Israele; rivendicazioni dello Stato Islamico che promette altre azioni; due palestinesi uccisi da un’esplosione di cui nessuno si assume la paternità.

Mercoledì notte quattro razzi, partiti dalla Penisola del Sinai, sono caduti sulla città costiera di Eilat, estremo sud di Israele. Nessun danno, nessuna vittima. Dodici ore dopo, in rete, è arrivata la rivendicazione del gruppo salafita Ansar Beit al-Maqdis, affiliato al “califfato”: sarebbe la prima volta che l’Isis compie un’azione contro lo Stato ebraico.

Mentre i razzi islamisti cadevano su Eilat, a Gaza due palestinesi rimanevano uccisi in un raid. Il Ministero della Sanità gazawi li ha identificati – Hossam al-Sufi, 24 anni, e Mohammed al-Aqra, 38 – e ha aggiunto che il bombardamento ha centrato un tunnel sotterraneo tra la Striscia e l’Egitto, utilizzato per il contrabbando necessario alla sopravvivenza dell’enclave sotto assedio israeliano dal 2007.

Da lì è partito il balletto: testimoni hanno detto di aver visto un aereo israeliano sparare il missile verso il tunnel; Israele ha negato di aver compiuto l’azione; Hamas ha accusato Tel Aviv; Tel Aviv ha dato la colpa all’Egitto di al-Sisi, dal 2013 impegnato nella sistematica distruzione dei tunnel.

Alla fine, la rivendicazione dello Stato Islamico ha fatto dimenticare le due vittime gazawi, un’operazione win-win: l’Isis fa comodo sia al regime egiziano che a Israele, con il primo impegnato in una vasta campagna anti-terrorismo che gli garantisce sostegno e impunità internazionale e il secondo che sfrutta ogni occasione per dirsi assediato dall’Isis come i paesi europei.

Rischiava così di passare sotto silenzio un’altra importante notizia. Il Nadeem Center, storica ong che dal 1993 si occupa di tutelare e riabilitare le vittime di torture da parte dello Stato, è stato chiuso ieri dalla polizia egiziana.

Già chiuso in passato su ordine governativo, negli ultimi anni è tornato nel mirino per il monitoraggio degli abusi del regime. Motivazioni ufficiali non ne sono state ancora date: la polizia ha parlato vagamente di «violazione dei termini della licenza».