Rabie Abu Nqira era sconvolto ieri sera mentre raccontava ad amici e giornalisti la strage di alcuni dei suoi parenti a Shaboura, alla periferia di Rafah. «Stavamo rimuovendo le macerie della casa di nostro cugino Ayman (bombardata un anno fa, ndr). Quando la ruspa ha cominciato a caricare le rovine c’è stata una esplosione fortissima. Un polverone enorme ha avvolto tutta la zona, la gente è scappata in preda al panico». Dal quel polverone non sono riemersi Baker Abu Nqira, Abdel Rahman Abu Nqira, Ahmad Abu Nqira e Hassan Abu Eyadah. Il padrone di casa, Ayman Abu Nqira (un militante di Hamas piuttosto noto) è tra i 43 feriti. Sono soltanto le ultime vittime della deflagrazione di proiettili, bombe e missili sparati dalle forze armate israeliane e rimasti inesplosi tra le macerie delle migliaia di case di Gaza distrutte dai bombardamenti di “Margine Protettivo” e di altre operazioni militari. E’ stata una morte spaventosa per gli Abu Nqira, simile a quella che un anno fa strappò alla sua famiglia il videoreporter italiano Simone Camilli, ucciso assieme a cinque palestinesi dall’esplosione improvvisa di un missile che gli artificieri di Gaza cercavano di disinnescare. Il prossimo 13 agosto, ad un anno dalla morte, Simone Camilli sarà ricordato da amici e colleghi con una cerimonia a Gerusalemme.

 

Per il portavoce dei servizi d’emergenza di Gaza, Ashraf Qidra, a causare la strage di Shaboura sarebbe stato un missile sganciato un anno fa da un jet israeliano. E gli Abu Nqira purtroppo non sembrano destinati ad essere le ultime vittime di bombe e razzi rimasti sul terreno. Sono almeno 7 mila secondo i dati dell’Ufficio di coordinamento degli affari umanitari delle Nazioni Unite, risultato di tre ampie offensive militari israeliane tra la fine del 2008 e il 2014: Piombo fuso, Colonna di Fumo e Margine Protettivo. Negli ultimi sei anni oltre cento palestinesi sono rimasti uccisi e molti altri feriti a causa di questi ordigni inesplosi.

 

Il movimento islamico Hamas, che controlla Gaza, dovrebbe impegnare le sue forze di sicurezza e di difesa civile in attività concrete a protezione della popolazione – cominciando proprio dalla bonifica delle aree più colpite dai bombardamenti israeliani – invece di tenere inutili parate militari, come quella dell’altro giorno in occasione dell’inizio dei campi di addestramento per 25 mila giovani, a partire dai 15 anni di età, tra le proteste dei centri per i diritti umani. E adesso che Hamas e l’Anp del presidente Abu Mazen sono ancora una volta ai ferri corti, anzi cortissimi, e hanno ripreso a scambiarsi insulti e accuse, i leader del movimento islamico alzano di nuovo la voce con Israele, lasciando intendere che le trattative segrete con Tel Aviv andate avanti negli ultimi mesi non hanno portato ad alcun risultato. Alla parata di due giorni, Mahmoud Zahar, uno dei fondatori di Hamas e, di fatto, rappresentante delle “Brigate Ezzedin al Qassam” (il braccio armato) all’interno della direzione politica del movimento, ha lanciato un avvertimento a Israele. «L’occupante deve sapere comprendere un messaggio molto chiaro. Non accetteremo il blocco di Gaza» ha avvertito «(Israeliani) Mettete fine all’assedio, perché non saremo in grado di trattenere coloro che vogliono difendere il proprio territorio da quelli che hanno distrutto le loro case e ucciso i loro figli».

 

Ieri sera intanto si è appreso che sono soldati i tre israeliani investiti e feriti da un’automobile guidata da un palestinese nei pressi dell’incrocio per la colonia ebraica di Shiloh, nella Cisgiordania occupata. Due di loro sono in condizioni gravi. Anche il palestinese è ferito gravemente dopo essere stato raggiunto dagli spari dei soldati. Per Israele chi era alla guida dell’auto avrebbe investito intenzionalmente i militari e il premier israeliano Netanyahu ha accusato la comunità internazionale di protestare per le violenze contro i palestinesi ma non per quelle che subiscono gli israeliani.