Se il nom de plume di Mirkoeilcane è di difficile interpretazione, la sua Stiamo tutti bene, in gara nella categoria Giovani, ha colpito grazie alla qualità di scrittura musicale e testuale capace di raccontare il dramma dell’immigrazione. Il cantautore romano, fresco vincitore del premio Nuovo Imaie (Premio Enzo Iannacci 2018), racconta così la genesi del brano: «Stiamo tutti bene nasce da un insieme di suggestioni. La prima è stata la conversazione con una persona che ha fatto realmente questo viaggio. Per me, il suo dramma è stato come una bastonata sulla nuca perché stavo parlando con una persona viva per miracolo mentre io ero preso dalle notifiche Facebook. Inoltre in quel periodo stavo suonando in alcuni centri d’accoglienza, in un’atmosfera ’ideale’ perché amo esibirmi in posti piccoli. Sento ancora fortissimo il ricordo degli occhi che mi ’ascoltavano’. Amo parlare con il pubblico durante i miei concerti, da loro prendo ispirazione. Per me essere cantautore significa dire quello che gli altri non vogliono dire».

Mirko tiene però a precisare di non volersi schierare politicamente, preferisce sottolineare l’importanza dell’empatia «Non voglio fare il qualunquista ma in Stiamo tutti bene volevo semplicemente parlare di umanità. Certo ho una mia posizione in merito, ma ho preferito non metterla nella canzone. Posso dire comunque che per quanto si cerchi giustamente di porre fine alla diatriba di come gestire meglio la questione, si stia tralasciando il problema a livello umano. Le persone muoiono e, te lo dico in romano, non je ne po’ frega’ de meno alla gente. La mia esigenza era di fare una canzone ’parlata’: il tema è delicato, faccio parte della categoria Giovani, quindi dovevo essere attento molto più di un big. Così ho ritenuto necessario usare più parole per evitare fraintendimenti». Mirko parla anche del suo metodo compositivo: «Quando scrivo qualcosa immagino sempre come mi piacerebbe ascoltarla. Le canzoni alle quali sono più legato hanno tutte questa qualità. Non dicono, non precisano ma ne parlano. Sarebbe stato facile scrivere ’Sono un immigrato, sto al semaforo e chiedo l’elemosina».

L’artista capitolino pubblica oggi il suo nuovo disco, Secondo me, una raccolta che si arricchisce di altre sfumature: «Ho messo dentro varie storie ’private’ e c’è sempre, a differenza di Stiamo tutti bene, dell’ironia e del sarcasmo. Credo che utilizzare questi ingredienti, sdrammatizzare, sia molto efficace. Ci sono anche due brani in romanesco (Da qui e So’ cantautore), che non considero un vero e proprio dialetto ma un italiano trascinato che non ghettizza e non cerca di mettere in una categoria precisa. In questo sento molte affinità con Daniele Silvestri ma soprattutto con Stefano Rosso, un artista ingiustamente sottostimato».