Era già anziano, Mircea Eliade quando decise di realizzare per la MacMillan una monumentale Encyclopedia of Religion in sedici volumi. Doveva essere un’opera universale, resa omogenea dalla convinzione che le religioni non fossero materia gregaria di altre discipline – dalla teologia, alla storia, alla filosofia –, ma un aspetto determinante dell’esistenza umana che irradia potente su ogni suo manifestarsi. Coinvolse allora il gruppo di studiosi che collaborava con lui alla cattedra di Storia delle religioni dell’Università di Chicago e un numero imponente di specialisti reclutati da paesi e orientamenti diversi. «L’enciclopedia sarà davvero internazionale: – scriveva Eliade nella lunga fase di progettazione – parteciperanno esperti da tutti i continenti e, in Europa, inviteremo studiosi dall’Ovest come dall’Est».

Antiriduzionismo
L’opera venne completata solo nel 1988, ma alla morte (avvenuta nel 1986) Eliade lasciò una breve, compiaciuta introduzione: di orientamento «ermeneutico e non riduzionistico», l’Encyclopedia è in grado – afferma – di riflettere tutti gli orientamenti «metodologicamente creativi» e storicamente fondati della antropologia culturale, della storia e della fenomenologia.

Erano riemersi intanto tratti oscuri della sua biografia: le ombre del passato nella «Guardia di ferro», il ruolo modesto, ma non defilato, nell’antisemitismo rumeno, l’atteggiamento opaco nei confronti degli intellettuali ebrei con cui aveva stretto rapporti nella «nuova vita» americana.

Gershom Scholem, l’amico, chiese spiegazioni, si diffusero documenti, critiche, dubbi ma Eliade preferì tacere, aspettando che il silenzio disperdesse i sospetti: parlò di fraintendimenti, cercò di cancellare le tracce, eliminò dai suoi diari inglesi tutte le «note d’ordine strettamente personale, tutte le allusioni agli avvenimenti politici e le indiscrezioni», e pregò il suo «bibliografo» di tralasciare gli articoli che coinvolgessero il suo passato politico.

L’enciclopedia è parte di questa strategia di cancellazione: un’opera immensa sostenuta da un rigoroso e innovativo impianto metodologico e affidata a intellettuali non collusi con il nazismo e mai apertamente antisemiti.

Le voci dedicate alla vicenda ebraica «in tutte le diramazioni e componenti», «da Adamo ai giorni nostri» sono trattate con particolare attenzione da questo uomo geniale e «smemorato». Aveva coinvolto Jacob Neusner, specialista di tradizione rabbinica, per ricostruire la vicenda del popolo del patto, e con lui e Kaplan aveva individuato gli esperti da impiegare nella stesura, smussando il suo giudizio sull’ebraismo, una delle religioni, secondo Eliade, «che hanno perduto il contatto con l’idea di Cosmo, “cadendo” nella storia e rassegnandosi alla sua razionalità»: scelte prudenti e tradizionali che orientano senza scandali né sorprese attraverso «voci» ricche di dottrina, riferimenti e competenze.
Nell’edizione europea della Encyclopedia con cinque volumi che raccolgono i lemmi di impianto generale e cinque sulle «grandi religioni», all’ebraismo è dedicato un tomo ponderoso che, meritoriamente pubblicato nel 2003 da Jaca Book, viene ora riproposto con un nuovo titolo e con un formato più amichevole alla lettura e alla diffusione: Dizionario dell’ebraismo (a cura di Mircea Eliade, 2 voll.: A-I e K-Z , pp. 462 e 474, € 50,00 a volume).

Verso la chiarificazione
«C’è un bisogno pressante di conoscere meglio l’ebraismo» scrive nell’introduzione Lawrence E. Sullivan, perché è l’ignoranza che «ha avuto conseguenze negative nelle relazioni tra ebrei e non ebrei».

Questo processo di chiarificazione e di conoscenza si articola lungo 250 lemmi di tradizione biblica, di storia dell’ebraismo, di norme, esegesi e cultura che ricostruiscono senza scosse interpretative la grande costellazione ebraica: dalla rivelazione alle vicende del mondo, dai personaggi del Libro, a quelli della storia, al dialogo più o meno riuscito con prospettive e filosofie nate dentro e fuori le comunità.