Per la prima volta da quando la crisi è cominciata, lo scorso mese di agosto, i migranti intrappolati alla frontiera tra Polonia e Bielorussia hanno potuto ricevere assistenza. A incontrarli sono stati rappresentanti dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr), dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) e della Croce rossa bielorussa. Viveri, coperte e cure per i circa duemila costretti a dormire all’aperto.

«Le priorità ora sono evitare morti e spostare le persone in luoghi più sicuri in Bielorussia», ha spiegato l’alto commissario per i rifugiati, Filippo Grandi. Nella notte un gruppo di 150 persone aveva cercato di attraversare la frontiera e entrare in Polonia, ma è stato respinto come al solito senza troppi riguardi dalla polizia di Varsavia.

Per quanto rappresenti comunque una novità positiva, è difficile considerare il permesso rilasciato dalle autorità di Minsk agli esponenti delle Nazioni unite come il segnale che qualcosa potrebbe sbloccarsi nella crisi provocata dal regime di Alexander Lukashenko. Le immagini che si vedono lungo le strade che da Varsavia portano al confine raccontano infatti una storia ben diversa, con i posti di blocco dove viene fermato chiunque non sia residente nella fascia di cinque chilometri fino alla frontiera in cui si estende lo stato d’emergenza, con la presenza di 15 mila soldati armati e, come raccontano fonti di stampa, con le file di camion che marciano lentamente verso nord con a bordo mezzi blindati. Un po’ troppo per una crisi di migranti che, per quanto complicata possa essere, in fondo riguarda solo qualche migliaio di uomini, donne e bambini affamati e infreddoliti. Un po’ troppo anche per un Paese come la Polonia che i migranti non li ha mai amati troppo.

E infatti i toni delle dichiarazioni che arrivano dalle varie parti in causa si scaldano sempre più. L’Unione europea sta mettendo a punto un nuovo pacchetto di sanzioni contro Minsk, il quinto, che verranno discusse nel vertice dei ministri degli Esteri di lunedì. Nel mirino anche alcune compagnie aeree sospettate di trasportare i migranti dai Paesi di origine o di transito fino a Minsk, dove poi polizia ed esercito li spingono verso l’Europa. Il vicepresidente della Commissione Ue Margaritis Schinas ha cominciato ieri un viaggio in quegli Stati dai quali si pensa possano partire gli aerei: ieri era negli Emirati Arabi, oggi sarà in Libano. Un lavoro diplomatico che a Bruxelles si spera possa portare all’interruzione dei voli relegando i Paesi contrari in una black list. Sia la Turchia che la Russia, accusate entrambe da Varsavia, hanno smentito di partecipare ai trasferimenti di migranti. «Dobbiamo costruire una coalizione in risposta alle azioni prive di scrupoli di del regime di Lukashenko», ha detto Schinas ieri sera.

La risposta forte di Bruxelles a Minsk restano comunque le sanzioni, anche se ieri una portavoce della Commissione ha sottolineato come la Ue «fa ciò che può fare per parlare con le autorità bielorusse, ma Minsk sa bene che sta strumentalizzando i migranti, sta disinformando ed esercitando pressione sulle frontiere dell’Unione».

La risposta di Lukashenko non si è fatta attendere. In un momento in cui l’Europa è alla prese con una crisi energetica , con il prezzo del metano che vola, il presidente bielorusso ha minacciato di chiudere i rubinetti del gas proveniente dalla Russia. Riscaldiamo l’Europa e ancora ci minacciano di chiudere il confine», ha detto. «E se chiudessimo il transito del gas verso di loro? Consiglio alla dirigenza polacca, ai lituani e ad altri senza testa di pensare prima di parlare».

Intanto a dimostrazione di come la crisi dei migranti sia in realtà solo un pretesto per altri obiettivi, ieri è arrivato l’allarme lanciato dalla casa bianca all’Europa. Per l’amministrazione Usa la Russia starebbe ammassando truppe ai confini con l’Ucraina preparandosi a invaderla approfittando anche dell’emergenza creatasi alla frontiera polacco-bielorussa. Prima ancora che le preoccupazioni americane venissero rese note, la stessa Ucraina aveva però annunciato di aver disposto il dispiegamento di 8.500 soldati e 15 elicotteri ai confini con la Bielorussia. Ufficialmente per scoraggiare ogni tentativo di infiltrazione da parte di migranti irregolari.