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Minori stranieri non accompagnati, emergenza tutori: ne servono il triplo

Minori stranieri non accompagnati, emergenza tutori: ne servono il triploUn gruppo di minori stranieri non accompagnati – Ap

Immigrazione In 3.500 sono iscritti ai registri dei volontari. Carla Garlatti, garante per l'infanzia e l'adolescenza: «Faccio appello ai cittadini a candidarsi»

Pubblicato più di un anno faEdizione del 28 aprile 2023

«Faccio appello ai cittadini a candidarsi a tutori. Ai minori stranieri non accompagnati vanno assicurati gli stessi diritti che le convezioni internazionali su infanzia e adolescenza riconoscono a qualsiasi altro bambino e ragazzo», dice la garante per l’infanzia e l’adolescenza Carla Garlatti, già presidente del tribunale per i minorenni del Friuli-Venezia Giulia. Dall’inizio dell’anno sulle coste italiane sono sbarcati 4.173 Msna, questa la sigla. Al 30 aprile del 2022 erano un terzo: 1.232. Numeri che non comprendono chi entra via terra, dalla frontiera orientale, o in altri modi.
«Quando parlo con gli aspiranti tutori ripeto sempre: non importa il titolo di studio, anche se poi i dati dicono che quasi il 70% è laureato – continua Garlatti – Non servono competenze specifiche, quelle si acquisiscono. Serve mettere a disposizione un po’ di tempo, impegno ed empatia. Avere un sentimento di accoglienza verso l’altro».

La figura del tutore volontario è stata istituita nel 2017 dalla «legge Zampa». L’Italia era sottoposta a procedura di infrazione dalla Commissione Ue sulla tutela di questi ragazzi. Fino ad allora si registravano ritardi nelle nomine oppure la funzione veniva attribuita ai sindaci, che avendo tanti ragazzi non se ne curavano. Oggi per diventare tutore volontario si frequenta un corso, organizzato dai garanti regionali nominati dagli enti locali, al termine del quale si viene iscritti in un elenco custodito presso il tribunale per i minorenni. Il presidente o un giudice delegato attribuiscono le nomine.

I tutori non devono ospitare i ragazzi, che vivono in case famiglia. Fanno soprattutto da raccordo con servizi sociali, centri di accoglienza, scuole. Ma, avvisa Garlatti, non vanno visti come una figura per il disbrigo delle pratiche: «sono soprattutto un punto di riferimento per i ragazzi appena arrivati in Italia».

In totale, al 31 gennaio di quest’anno, i minori stranieri non accompagnati erano 19.333 (di cui quasi 5mila ucraini, con situazioni ed esigenze peculiari). I tutori, invece, secondo l’ultimo monitoraggio dell’autorità garante sono circa 3.500. «Ne servirebbero almeno 3-4 volte tanti. Il dato positivo è che per la prima volta anche ragazzi molto giovani, tra 18 e 25 anni, assumono questo ruolo», dice Garlatti. Per legge a ogni tutore dovrebbe essere assegnato un minore, fino a un massimo di tre. Ma la carenza fa salire il rapporto e in alcune zone d’Italia l’eccezionalità è regola.

Dal 2021, anche grazie alle pressioni della garante, è stato creato un fondo per rimborsare ai datori di lavoro il 50% delle spese sui permessi accordati ai tutori e garantire a questi ultimi dei rimborsi spese. Un tema che può alimentare preoccupazioni è quello della responsabilità civile e penale. La seconda è sempre personale, dunque eventualmente riguarda solo i ragazzi. Quella civile, invece, include il tutore solo se il minore combina qualcosa mentre lui è presente. È lo stesso principio che vale per i genitori.

«Lo faccio da un paio d’anni. Non è un obbligo, quando arriva la richiesta del tribunale si può anche dire di no. Ho avuto diversi ragazzi, quasi sempre di 16 o 17 anni. Il giorno che diventano maggiorenni decado automaticamente. In questo momento sono il tutore di un ragazzino albanese di 13 anni, frequenta la scuola media ed è una scheggia». Ciro Improta di anni ne ha 77, è in pensione dopo una lunga carriera presso l’agenzia delle entrate. Fa parte dell’associazione Officina 47 L’Aquila che in Abruzzo è punto di riferimento per le tutele dei ragazzi stranieri.

Improta racconta di non aver mai avuto particolari problemi ed essere riuscito a instaurare rapporti di affetto e amicizia con i ragazzi presi in carico, che vivono in una comunità di accoglienza. «Con alcuni di loro sono rimasto in contatto anche dopo il termine del periodo di tutela», racconta. La maggior parte sono albanesi, ma l’aumento degli sbarchi sta portando nel capoluogo abruzzese anche persone di altre nazionalità.

«Sono sempre stato impegnato nella solidarietà – continua Improta – Ho vissuto sulla mia pelle l’esperienza del terremoto. Mi sono dovuto allontanare per molto tempo dalla mia casa. Ho toccato con mano il malfunzionamento delle istituzioni. Fare il tutore per me significa restituire qualcosa. È inaccettabile il modo in cui il tema delle migrazioni è gestito a livello mediatico e di governo. Sono persone in difficoltà, soprattutto i minori. Aiutarli come si può è la cosa giusta da fare».

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