Se vince il no al referendum costituzionale Renzi può restare a palazzo Chigi. Anzi, dovrebbe restarci secondo Pier Luigi Bersani, che ieri è tornato ad attaccare il suo successore alla segreteria del Pd. Anche per lo speciale rapporto con Denis Verdini, l’ex braccio destro di Berlusconi divenuto indispensabile al governo. «Renzi e Verdini si conoscevano già da prima. Ci sono troppe cose in pochi chilometri, lì in Toscana», ha detto, intervenendo alla manifestazione Ponza d’autore.
«Se vincesse il no non accadrebbe nulla – ha spiegato Bersani – sarebbe giusto che Renzi restasse al suo posto. Per come è stata messa la questione però, certamente il giorno dopo si creerebbe un problema politico. Legare un governo a una costituzione è un errore, la costituzione non c’entra con il governo. Che precedente creiamo, che ogni governo che arriva si fa la sua costituzione». La minoranza Pd – che critica quotidianamente la riforma costituzionale che pure ha appoggiato in parlamento, e che non ha ancora detto chiaramente come voterà al referendum – è all’attacco anche sulla legge elettorale, l’Italicum, che invece per la maggior parte non ha sostenuto. «Notiamo con piacere che ogni giorno si allarga il fronte di chi nel Pd si schiera a favore della modifica dell’Italicum – ha detto il senatore bersaniano Federico Fornaro, riferendosi alle ultime conversione come quelle dell’ex presidente della camera Violante e dei ministri Orlando e Martina – non ci si può però limitare alle sole dichiarazioni, è indispensabile che il partito si faccia promotore di un’iniziativa parlamentare in materia di legge elettorale, sia per la camera che per il senato, indicando con chiarezza i lineamenti di una legge che affidi la scelta dei futuri senatori agli elettori». È questo uno dei punti sui quali la minoranza Pd insiste da mesi, saltuariamente anche vincolando il suo voto favorevole al referendum a questa legge per l’elezione dei senatori che però la riforma vuole eletti indirettamente. Fino a qui la maggioranza renziana ha rinviato ogni discussione, malgrado la minoranza bersaniana abbia presentato una proposta di legge quadro (l’ultima parola in fatto di leggi elettorali regionali spetta ai consigli regionali) già a gennaio. Fornaro teme che anche le recenti aperture sull’Italicum possano essere «tatticismi e sterili furbizie».
Bersani aggiunge veleno contro la campagna per il Sì orchestrata da palazzo Chigi: «La gente non mangia pane e referendum, quando vedo lo slogan “basta un sì” mi domando a cosa possa bastare per risolvere le cose che premono davvero ai cittadini. Io contesto questo modo, bisogna parlare con le persone spiegando i pro e i contro, io non penso mai che la gente sia più cogliona di me». Infine, ha detto l’ex segretario del Pd, «vedo che Jim Messina (il consulente americano ingaggiato da Renzi per la campagna referendaria, ndr) ha suggerito di non personalizzare il referendum, ma io l’avevo suggerito a Renzi gratis ben da prima. Forse se mi fossi chiamato Jim Bettola la cosa sarebbe passata».