Doveva essere il Colle, con la sua solenne quanto inconsueta e inattesa, difesa del ministro Minniti a mettere la parola fine alle polemiche: da una parte lo schieramento dei pugnoduristi con il ministro dell’interno e contro le Ong, dall’altra gli «umanitari» con il ministro Delrio, i cattolici, la Caritas, la Comunità di Sant’Egidio e pure la sinistra.

Ma l’operazione quirinalizia, forse dettata dall’esigenza di non indebolire l’Italia sul fronte libico, non riesce. E la spaccatura dentro e fuori dal governo non si rimargina. Per questo ieri sera il presidente Gentiloni decide di comparire al Tg1, come accade sin dai tempi della prima Repubblica nei momenti più delicati per gli equilibri del governo di turno. L’intervista è a tutto campo, dalla futura legge di bilancio alla crescita del paese, i toni sono soddisfatti e rassicuranti. Ma il cuore del messaggio è la blindatura di Minniti e della contestata iniziativa dell’accordo imposto alle Ong del mare: «Il codice è un pezzo fondamentale di una strategia che il governo ha sull’immigrazione. Questa strategia sta producendo piano piano dei risultati, vediamo ad esempio i flussi migratori che si stanno gradualmente riducendo. Vince lo stato e perdono gli scafisti e i trafficanti».

Il premier aveva capito da subito la pericolosità della polemica innescata dal ministro delle Infrastrutture Delrio contro l’irrigidimento securitario del Viminale, per questo aveva chiesto un intervento informale del Colle: il cattolico Delrio è uomo vicinissimo a Mattarella e nei giorni scorsi aveva assicurato di essere in linea con il presidente. D’altro canto Delrio aveva capito con la stessa tempestività il potenziale pericoloso della scelta del collega del Viminale. Lo ha spiegato ieri in un’intervista a Repubblica, dove con incontestabile razionalità illustrava che il codice imposto alle Ong va comunque interpretato alla luce del diritto internazionale. Da cui il testo in questione rischia pericolosamente di discostarsi. «Stiamo parlando di soccorso in mare, regolamentato dalle leggi internazionali, non di controllo dei flussi o delle politiche di integrazione. Questo soccorso non è derogabile né discrezionale. Nel codice c’è scritto che il trasbordo si può fare, in situazioni particolari, coordinato dalla Guardia costiera. C’è qualcuno che non considera giusto affidare alla Guardia costiera questa valutazione?», è la domanda a proposito del recente trasbordo di migranti da una nave di Msf (che non ha firmato il codice) a una della Guardia costiera. «E se l’altra sera ci fossimo comportati diversamente, e fossero morte delle persone? E gli ufficiali fossero andati sotto processo, come è già successo? Ragazzi, non si scherza».

Il primo ’ragazzo’ che non deve scherzare con il fuoco è Minniti. Che ieri alla festa dell’Unità di Certaldo, nervosissimo, ha giurato che «nel governo non c’è nessuna divisione, i rapporti con Delrio sono eccellenti». Ma poi si è lanciato in una veemente autodifesa: il codice delle Ong «non è un’idea di Minniti ma è di una commissione parlamentare che ha votato all’unanimità», ha spiegato. Ma niente da dire sul trasbordo ’incriminato’ verso la Ong ’ribelle’ Msf: non fa parte del sistema di salvataggio nazionale, ma «è quello che deve accadere». Il ministro quasi perde il controllo, rivendica le sue origini comuniste, «non mi sento in contraddizione con i miei ideali».

C’è da capirlo, era stata una giornataccia per Minniti. Ha incassato le critiche della Caritas, del Vaticano. Per non dire della sinistra. Enrico Rossi lo attacca da twitter: «Sulle Ong io sto con Delrio e anche con Marco Tarquinio. E con il manifesto e con tutti coloro che hanno a cuore i diritti umani».

Fin qui le critiche pubbliche. Il fatto è che anche Renzi, che per primo ha sponsorizzato la nuova linea dura dell’interno, ora deve prendere atto dello scivolone del suo ex protetto, che ha scatenato le ire del Vaticano. Renzi guarda con sospetto «il protagonismo» dell’inquilino del Viminale, un protagonismo sempre sospetto alla vigilia delle elezioni. Anche perché Minniti raccoglie il plauso delle destre, con Forza italia che promette «i propri voti sulla linea del rigore e della fermezza», e per un giorno incarna il vero leader delle larghe intese.