Tra quattro giorni, secondo quanto previsto dall’Accordo di Skhirat del 17 dicembre 2015, articolo 1 comma 4, il governo di unità nazionale libico – affidato al premier al Sarraj – scadrà: all’epoca l’Onu, sponsor del neonato Gna, si dimostrò molto ottimista quando diede due anni di tempo per condurre il paese a elezioni, una nuova costituzione e un esecutivo unico.

Quanto dichiarato lunedì dal ministro degli esteri Alfano (il 17 dicembre «è una data di ricorrenza, non di scadenza») non è esatto: il Gna sta per scadere. Ma è probabile che l’accordo sarà rivisto per allungarne i termini. O forse tutto sarà lasciato com’è, sperando che basti il rinnovo fino al settembre 2018 della missione Onu in Libia Unsmil, votata a settembre dal Consiglio di Sicurezza con la risoluzione 2376.

Dopotutto il Gna, creatura partorita dalla comunità internazionale, nasce già privo di legittimità interna. Non è stato votato dal popolo libico né ha ricevuto l’approvazione del governo di Tobruk, quella Camera dei Rappresentanti il cui voto era considerato essenziale all’esistenza del Gna proprio dall’art. 1 comma 4.

Tant’è, la crisi libica resta dov’è. Ma qualcosa si muove: il crescente interesse italiano verso il generale ribelle Haftar, capo dell’esercito della Cirenaica, nonché figlioccio di Egitto, Emirati e Russia.

Roma ha capito che puntare solo sul cavallo Sarraj rischiava di buttarla fuori dal paese e da mesi intrattiene rapporti anche con l’oriente libico: lunedì Haftar era a Roma, dove ha incontrato Alfano, la ministra della difesa Pinotti e il premier Gentiloni. Si è parlato di elezioni, teoricamente previste per il 2018 (come si promisero a luglio Sarraj e Haftar in una rarissima intesa da allora lasciata a decantare).

Venerdì scorso Roma si era invece dedicata a Sarraj, con una visita del ministro degli interni a Tripoli. Minniti ne ha approfittato per elogiare «la guardia costiera libica e i risultati ottenuti nelle missioni di soccorso nei migranti nel Mediterraneo». La stessa guardia costiera accusata di abusi sui rifugiati e omicidio.

Nel caos si infila, come d’abitudine, la Russia: il ministro degli esteri Lavrov ospita in questi giorni l’omologo del Gna, Taher al-Salaya, per discutere di accordo politico con il rivale Haftar e i primi passi di una cooperazione economica, in particolare nel settore energetico.