La reazione del ministro dell’Interno italiano Marco Minniti alla strage di bambini di Manchester – che definisce «angosciante» e «raggelante» – viene esposta davanti alla platea del congresso nazionale del sindacato di polizia Coisp (che si è distinto negli ultimi anni per un attacco frontale alla madre di Federico Aldrovandi e alla sorella di Stefano Cucchi, tanto per inquadrare il contesto).

Dopo aver esaminato le particolarità dell’attacco nella Manchester Arena (siamo di fronte, ha detto, ad «un’organizzazione più complessa» di quella dei “lupi solitari” visti in azione a Berlino, Londra, Stoccolma o Parigi; «è stato utilizzato l’esplosivo, e non sappiamo se gli attentatori abbiano agito da soli. Emergono inoltre collegamenti con la Libia»), e il nuovo scenario che si delinea da questa modalità di azione del terrorismo islamico («multiforme e a prevedibilità zero»), Minniti annuncia un «nuovo modello di sicurezza» italiano che prenda il posto di quello ormai obsoleto, «grosso modo lo stesso da 70 anni». E per farlo non si può «che partire dal rilancio delle forze di polizia nazionali, a partire dalla Polizia di Stato, e rafforzare il rapporto con i sindaci, che deve essere considerato strategico, perché sono loro a conoscere in maniera approfondita il territorio».

«Non possiamo consentire a nessuno di rubare il futuro delle nostre società», dice il ministro riferendosi alla «raggelante strage di teenager, di bambini, di quanto c’è di più prezioso nella società». Però l’azione di intelligence – che pure «è una attività non solo demandata ai servizi segreti ma parte integrante del lavoro della Polizia» – non basta, secondo il titolare del Viminale. «Oltre alla modernità c’è bisogno di un efficace controllo del territorio, una strategia antica, ma di fronte alla prevedibilità zero l’unica cosa che funziona davvero è stare fisicamente sul campo». Urge «una nuova legge 121», l’ordinamento sulla pubblica sicurezza del 1981. E d’altronde, ricorda Minniti concludendo, «in Consiglio dei ministri c’è la delega per il riordino delle carriere delle forze di polizia con una posta di un miliardo di euro». Gli agenti ringraziano, ma il problema rimane.

Soprattutto impelle il problema della sicurezza a Taormina dove venerdì 26 e sabato 27 maggio si riuniranno i sette capi di Stato e di governo per il vertice del G7. La città è militarizzata: settemila agenti e militari a difesa di una zona rossa già off limits per chiunque non abbia apposito permesso, divieto di navigazione davanti a Taormina e di sorvolo dell’area, un sistema di videsorveglianza sia terrestre che mediante elicotteri e droni, metal detector all’ingresso e all’interno del Palazzo dei Congressi e in tutti gli altri luoghi adibiti alle riunioni delle delegazioni internazionali. Il tutto sarà gestito dalla sala Interforze attivata a Palazzo dei Duchi di Santo Stefano, all’interno della quale «si trova anche un apposito spazio per il Servizio cooperazione internazionale polizia con i rappresentanti di Europol, Interpol, e sei componenti delle delegazioni estere», secondo quanto riferito dalle autorità locali.

Naturalmente, super blindati anche gli hotel che ospiteranno i diplomatici. In particolare «Villa Flora», le cui 31 camere e 2 suites saranno a disposizione dello staff di Donald Trump.

Manca solo l’aquila addestrata anti-drone, come per il vertice Nato di Bruxelles. Anche se il capo della polizia, Franco Gabrielli, in riferimento al rischio attentati terroristici ha detto: «Il G7? A me preoccupa di più l’ordinario».

Eppure, per ordinanza del sindaco Nello Lo Turco, sabato Taormina sarà pressoché isolata, con la chiusura delle stazioni ferroviarie di Giardini Naxos e di Letojanni e la mancanza di collegamenti alternativi con gli autobus. Chiuse anche le scuole. Il motivo? Impedire la partecipazione al corteo dei «No G7» che si terrà nel pomeriggio sul lungomare cittadino di Giardini Naxos e dove sono attesi migliaia di manifestanti.