Lo Stato italiano arriva a Foggia con il ministro dell’Interno Marco Minniti, quando oramai tutto si è compiuto. Un refrain che in Italia dura oramai da decenni, specie al Sud quando si tratta di mafia.

«La risposta dello Stato all’uccisione di cittadini inermi e innocenti sarà durissima» ha minacciato il ministro dal termine del Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza convocato a Foggia, dopo la strage di mercoledì.

Alla riunione hanno partecipato i capi delle forze di polizia, il presidente della Regione Michele Emiliano, il prefetto di Foggia, il viceministro dell’Interno Filippo Bubbico e i rappresentati della magistratura. Un incontro, ha riferito il ministro, «che ha un valore fortemente operativo e simbolico. Sta a dimostrare che la partita che si gioca nella provincia di Foggia è nazionale».

L’organizzazione criminale mafiosa che ha agito mercoledì, per il ministro «è un ibrido perché da un lato è una struttura fortemente chiusa, tenuta insieme da principi di quasi assoluta omertà, con pochissimi collaboratori di giustizia; dall’altro è caratterizzata da un aspetto gangsteristico: è quello che hanno dimostrato ieri, uccidendo due pregiudicati e due cittadini inermi e innocenti». Poi le immancabili promesse: «L’obiettivo che ci siamo dati è che ogni 2 mesi ci riuniremo qui per fare il punto della situazione», mentre «a San Severo sarà costituito un nuovo reparto di repressione del crimine».

Il controllo, la repressione e la militarizzazione del territorio sembrano essere, ancora una volta, l’unica risposta da parte dello Stato a problemi molto più complessi: 192 unità aggiuntive arriveranno in provincia di Foggia, la prima partita già ieri e tra loro anche 24 appartenenti ai «Cacciatori di Calabria», reparto speciale dei Carabinieri. Si tratta di «uomini – ha detto Minniti – dei reparti prevenzione e anticrimine della polizia di Stato, delle compagnie di intervento dei carabinieri, dei baschi verdi della Gdf.

Il loro compito sarà saturare il territorio perché si aggiungeranno alle unità già operative e rimarranno il tempo necessario», ha aggiunto. Da un punto di vista strettamente investigativo invece, saranno trasferiti in Puglia reparti speciali delle Forze di polizia: investigatori dello Sco, del Ros e dello Scico che rafforzeranno, rispettivamente, i reparti di Polizia, carabinieri e Guardia di Finanza. Arriveranno anche «le tecnologie migliori a disposizione a partire da impianti di videosorveglianza, dall’uso del sistema satellitare e l’uso dei droni», ha annunciato Minniti.

Secondo il governatore Emiliano «ora è il Gargano che combatte la mafia». «I sindaci – ha detto – avranno la Regione al loro fianco. Vorrei ci fosse una grande battaglia di tutti i cittadini contro la mafia. Perché tutti insieme vinceremo». Emiliano ha ringraziato il ministro, condividendo la visone militarista, «per la grande energia che ci ha trasmesso». «La lotta contro le mafie è una grande battaglia di civiltà: su questo fronte è importante coinvolgere l’opinione pubblica – ha concluso il ministro – avere la partecipazione attiva della gente ed è per questo che ho voluto ascoltare i sindaci e i loro consigli». Perché – ha aggiunto – «serve una sorta di rivolta morale nelle popolazioni di questa provincia». Che però chiede anche molto altro. Soprattutto i più giovani.

«Vogliamo più istituzioni: pretendiamo che assumano un ruolo attivo per estirpare le mafie dalla base, e la sua base sta nella povertà, nell’emarginazione e nello sfruttamento» affermano gli studenti di Ucrona, Link e Uds della provincia di Foggia. «Alla nostra terra – denunciano – lasciano i morti, i rifiuti e gli incendi, in una cornice che può essere definita di guerra, e che non ha nulla da invidiare alle guerre di mafia dei passati decenni. Come studenti non possiamo esimerci dall’unirci al coro di quelli che chiedono più Stato, se più Stato vuol dire più welfare, più tutele e più possibilità, per i territori e chi li abita, di uscire dalla marginalità».