Il ministro Marco Minniti, reduce da una «campagna» non precisamente fruttuosa in Europa, vola oggi a Tripoli per ragionare di contenimento dei flussi migratori non solo con il premier del governo di accordo nazionale Fayez al Serraj ma anche con un certo numero, non specificato, di «sindaci» della Tripolitania e del Fezzan. Non è dato sapere, neanche sui siti libici, se si tratterà delle stesse «personalità» delle tribù Awlad Suleiman e Tebu invitate a parlare ieri a Bruxelles della situazione in Libia ai parlamentari europei. Nell’informativa alla Camera per presentare lo scopo della sua trasferta a Tripoli Minniti, una settimana fa circa, aveva detto di voler discutere con gli interlocutori libici come «costruire un percorso alternativo al traffico di essere umani, uno dei principali canali economici di cui la Libia vive».

Dalla Libia, dopo una settimana di calma piatta dal punto di vista delle imbarcazioni fatte partire dai trafficanti in direzione dell’Italia – la settimana delle peregrinazioni italiane per chiedere udienza nei vertici europei a Varsavia, Tallin, Parigi – nelle ultime ore sono ripartite le partenze. Tanto che ong come SeaEye e Proactiva OpenArms ieri hanno ripreso le operazioni di salvataggio a pieno ritmo con approdo nei porti siciliani di Pozzallo (481 sbarchi) e Trapani (423) e si annuncia un’altra grande ondata di arrivi.

Prendendo la palla al balzo dell’arrivo di Minniti e dell’Italia sotto pressione sull’argomento immigrazione, il premier tripolino Serraj ieri mattina ha disposto, in qualità di comandante in capo dell’esercito tripolino – il cui nucleo principale sono le milizie di Misurata – di usare l’aviazione «nell’ambito del contrasto all’immigrazione illegale e per il contrabbando di prodotti petroliferi».

Cosa significhi non è chiaro, visto che i due traffici – quello di migranti e quello del petrolio – sono abbastanza nettamente distinti, in mano quasi sempre diverse, e non si capisce come intenda bombardare i trafficanti di esseri umani senza fare una strage delle persone trafficate. Domenica scorsa, ad esempio, è stata fermata nel porto di Tobruk una nave battente bandiera turca, come spesso succede per questi traffici, accusata di esportare illegalmente petrolio. Sequestrata dalla polizia militare agli ordini del generale Haftar è stata alla fine lasciata partire ieri dopo che i soldati hanno «scoperto» che i barili contenevano non gasolio ma acqua ragia, solvente per vernici (da notare che la composizione chimica è analoga, ma forse altri «lubrificanti» sono stati usati).

È passato quasi del tutto sotto silenzio in Italia, ma non in Libia, il primo forum economico italo-libico organizzato dal ministro Alfano ad Agrigento l’8 luglio scorso con la partecipazione del gotha finanziario e industriale italiano, da Eni a Sace, da Bonelli a Leonardo, da Telecom a Unicredit, da Fs a Saipem, a Cassa Depositi e Prestiti, con anche delegazioni francesi e Usa.