Michi, Divi e Fede sono I Ministri, trio rock nato nel 2006 e arrivato al sesto album: Fidatevi (Woodworm/Artist First), che presenteranno ad aprile in tour in tutta Italia. Un titolo che con il loro nome suona ironico, in un periodo in cui la fiducia nella politica è pari a zero. «Certamente ci sono un po’ di provocazioni -spiega la band, ma ci riferiamo anche al contenuto dell’album perché ci siamo resi conto, a fine registrazione, che la fiducia come principio per costruire era uno dei concetti che attraversava il nostro nuovo lavoro».

In un momento in cui per vivere di musica bisogna suonare parecchio, i Ministri si prendono almeno due o tre anni tra un disco e un altro: «E per noi – sottolineano – è un’uscita addirittura affrettata, avremmo voluto avere a disposizione ancora un po’ di tempo. La verità è che da quando abbiamo finito il tour non ci siamo mai fermati. Qualche anno fa i dischi uscivano molto più lentamente, oggi invece vengono pubblicati un po’ a rullo compressore: uno dietro l’altro. Esistono inevitabilmente per come lavoriamo noi alcuni tempi tecnici: il primo è legato alla scrittura, il secondo è capire il luogo dove registreremo e poi con chi collaboreremo per farlo. Per noi questa è sempre un’esperienza importante. Magari ci sarà il momento in cui faremo tutto tra noi tre, ma adesso per noi è fondamentale affidarci a qualcuno di esterno che, con il suo occhio, riesce a calibrare quello che noi abbiamo fatto».

Fidatevi è un progetto curato, registrato alle Officine Meccaniche con Taketo: «La cura prima di tutto è dal punto di vista concettuale. Quello che per noi è importante è avere un’idea ampia del disco che poi si trasforma in canzoni. Poi c’è l’aspetto del suono. Non dico che ogni disco per noi debba suonare in modo diverso, ma vogliamo che abbia un suo colore, un suo vestito, una sua identità». Una delle canzoni più complesse del disco è Un Dio da scegliere: «È stato difficile realizzarla, già mettere dio nel titolo non è facile, anche per questo ci siamo confrontati spesso con gli altri. È un brano che spazia tra spiritualità e filosofia. A volte abbracciare una spiritualità sembra un esercizio di stile, a volte c’è davvero da chiedersi sulla terra cosa abbiamo, perché quando vedi l’ecatombe di migranti e la politica che la strumentalizza, viene da chiedersi dove sia finita tutta questa spiritualità».