Nathalie Tocci, il cui nome circola da giorni quale ministra degli esteri nel governo virtuale presieduto da Luigi Di Maio, smentisce: «Mentre ero a New York mi sono giunte chiacchiere riguardo un mio ruolo in un eventuale governo del Movimento 5 Stelle di cui non so nulla. A me risulta che le elezioni siano il 4 marzo e che la formazione di un governo segue e non precede il voto». Il diniego riguarda più l’aspetto formale che quello sostanziale. Dunque, il M5S presenta oggi un esecutivo che vale poco dal punto di vista sostanziale: quale alleato accetterebbe il pacchetto preconfezionato?
Tuttavia, la lista del leader grillino non serve soltanto a imporre la propria agenda negli ultimi giorni di campagna elettorale. Perché fornisce alcune indicazioni sulla possibile strategia delle convergenze nella prossima legislatura.

A PARTIRE proprio da Nathalie Tocci, che viene apprezzata dai grillini nonostante diriga l’Istituto affari internazionali e lavori spesso accanto a Federica Mogherini, in Italia e in Europa. Attualmente ricopre la carica di special adviser sulla nuova strategia di politica estera dell’Ue. Non male per un partito che a Bruxelles siede ancora accanto agli euroscettici di Nigel Farage.

Soltanto pochi giorni fa, Tocci rilanciava su Twitter i messaggi di Emma Bonino e della sua lista +Europa. E non più di una settimana fa aveva partecipato alla Conferenza di Monaco sulla sicurezza europea, polemizzando col segretario generale della Nato sulla necessità dell’Ue di dotarsi di strumenti difensivi autonomi.

GIOVEDÌ SCORSO, il think tank che presiede ha organizzato la tavola rotonda «Italia al voto: quali scelte di politica estera» alla quale ha partecipato Manlio Di Stefano, deputato grillino e membro della commissione esteri che in passato non aveva mancato di elogiare Donald Trump. Proprio lui, in quella sede, ha riportato suggestioni geopolitiche e sovraniste in maniera molto più sfumata rispetto al passato: sono lontani i tempi in cui omaggiava i putiniani di Russia Unita.

ED È DIFFICILE, per restare al gioco del governo dei tecnici a 5 Stelle da sottoporre a tutte le forze politiche, che i sovranisti di Lega e FdI possano accettare un ministro degli esteri col profilo di Tocci. Così, mentre Giorgia Meloni va in Ungheria da Orban e Matteo Salvini giura sul Vangelo, il M5S si muove con fare quasi sbarazzino. E pare cercare appoggi più alla sua sinistra, magari confidando in un Pd allo sbando e provato dalla sconfitta elettorale.

SE SI SCORRONO i profili degli altri personaggi designati, l’impressione che traccino la linea strategica nella costruzione delle alleanze persiste. Il giurista Giovanni Conte dovrebbe occuparsi di funzione pubblica nel ribattezzato «ministro della meritocrazia». Dice subito di provenire «da sinistra» e promette lotta alla burocrazia, semplificazioni legislative e valorizzazione dei dipendenti pubblici. La ministra uscente Marianna Madia gli risponde a muso duro (siamo sempre in campagna elettorale) ma di fatto sostiene che le cose che Conte propone sono esattamente quelle che il governo ha appena fatto. Stessa cosa per il designato allo sviluppo Lorenzo Fioramonti, docente all’università di Pretoria e già consulente dell’Italia dei Valori, al quale il piddino Francesco Boccia, presidente della commissione bilancio alla Camera, manda questo messaggio: «Quando parla di introdurre il parametro della qualità della vita nelle misure economiche teorizza cose che abbiamo già introdotto nella legge di bilancio, ci aiuti ad andare avanti». Poche ore dopo Boccia è ancora più esplicito: «Lo dico chiaramente: preferisco dare un appoggio esterno al M5S piuttosto che a una destra così». Per il lavoro e il welfare Di Maio ha scelto il docente Pasquale Tridico, che ieri ha spiegato alla Stampa di voler abolire la legge Fornero «in maniera graduale» e di considerare l’abbattimento eccessivo del costo del lavoro una minaccia per l’innovazione.

OGGI POMERIGGIO, quando verrà diffusa la squadra al completo, sapremo chi andrà a ricoprire gli altri ruoli di peso, a partire dagli interni e dall’economia. Saranno i tasselli finali per comprendere i disegni di Di Maio e dei suoi collaboratori. Per ora, e anche questa è una notizia, un grillino che si è sempre schierato contro ogni ipotesi di accordo parlamentare con la Lega come Roberto Fico esulta. «È un’ottima di squadra di governo, mi piace molto», dice prima di smentire ogni ambizione per la presidenza della camera. Anch’essa da conquistare previa intesa con il centrosinistra. I giochi sono tutti aperti.