La triplice vittoria di «mini-Merkel» e il doppio tonfo del giovane astro Spd. La Waterloo del «Napoleone» della Linke e la fine del sogno rosso-rosso-verde non solo dei Grünen espulsi dal Parlamento. Su tutto, l’ennesimo incubo istituzionale targato Afd che – anche nel profondo Ovest – si conferma unica alternativa, al contrario dei liberali ancora una volta fuori dai giochi.

Il giorno dopo, nel Saarland la politica tedesca fa i conti con l’esito del primo test elettorale in vista del voto regionale di maggio e federale di settembre. Le urne restituiscono la netta vittoria della Cdu (40,7%) che si conferma al governo dello Stato. Staccata di 10 punti la Spd (29,6) mentre crolla la Sinistra congelata al palo del 12,9 (3,2% in meno del 2012). Con il 4% i Verdi rimangono fuori dal Landtag, in compagnia di Fdp (3,3) e Piraten (0,7) che polverizzano il boom (7,4) dello scorso lustro. Tradotto, significa che vince la destra populista di Afd (6,2%), convince il partito di Merkel (+5,5% rispetto a 5 anni fa) mentre l’«effetto-Schulz» vale quanto la «zavorra-Gabriel» anche se «è presto per trarre conclusioni» avverte il leader Spd.

Certo meno allegro della cancelliera: «Bello e incoraggiante: abbiamo vinto con le nostre mani» gongola Mutti che già prepara le sfide in Schleswig-Holstein e Nordreno-Vestfalia (7 e 14 maggio). Domenica ha avuto ragione lei: nella Saar la sua politica-di-benvenuto sui migranti ha pesato poco o nulla. «È stata premiata la Grande coalizione locale» è la sua lettura ufficiale.

Difficile darle torto: gli elettori hanno scelto in massa il programma della governatrice Annegret Kramp-Karrenbauer, detta AKK e soprannominata non a torto «mini-Merkel». «Ho vinto tre volte: contro l’Spd, Schulz e Lafontaine» ricorda. Fanatica dell’«indipendenza fiscale», AKK prevale promettendo «lo snellimento delle istituzioni» cioé la riduzione del settore pubblico. Leitmotiv tutt’altro secondario e tema anche «di sinistra» parimenti cavalcato da Anke Rehlinger, classe 1976, candidata Spd. Pronta a tagliare i ministeri da 8 a 6, vietare i doppi-incarichi e soprattutto a rappresentare la «nuova» Spd disposta a ricostruire il ponte con Linke e Verdi. Già vice-premier, ministro dell’economia, Rehlinger ha puntato tutto sulla «buona educazione» con la promessa di investire il 30% del budget in istruzione. «Non è bastato» ammette la giovane leader mentre l’affluenza quasi al 70% lascia poco spazio a giustificazioni residue. Di fatto, le urne sanciscono la morte anche solo dell’idea dell’alternativa di sinistra: «La coalizione rosso-rosso-verde non era sexy» ammette l’ex ministro Spd Margit Conrad.

Esaurito definitivamente anche il carisma di Oskar Lafontaine, il «Napoleone della Saar», ultimo presidente socialista del Land ed eterno candidato della Linke. Sul suo manifesto spiccavano patrimoniale, «re-comunalizzazione» del settore energetico, mensa gratis a scuola e «divieto di speculazione» per le casse di risparmio.

Egualmente sconfitti i Grünen, pure guidati da un uomo di provata esperienza: Hubert Ulrich, ex deputato al Bundestag, presidente dei Verdi, attento a transizione energetica e questione sociale («bisogna impedire la povertà ereditata»): nel 2009 immaginava la coalizione Jamaika con Cdu e Fdp. Ieri, dopo le dimissioni, ha ricevuto l’applauso finale del suo partito.