Nuova mela avvelenata per la Ue. Ieri, l’Eco-fin (ministri delle finanze) non ha potuto far altro che “constatare” il “non rispetto” nel 2015 del Fiscal Compact, reso ancora più severo subito dopo la crisi del 2008, da parte di Spagna e Portogallo (rispettivamente, un deficit pubblico del 5,1% invece del 4,2% e del 4,4% invece del 2,7%). Si apre cosi’ la procedura per deficit eccessivi, che puo’ portare all’imposizione di sanzioni: la Commissione ha ora 20 giorni per redigere una “raccomandazione” di sanzioni e i due paesi ne hanno dieci per “giustificare” i deficit, fare nuove promesse e sperare cosi’ nella clemenza di Bruxelles. La minaccia di sanzioni arriva in un momento in cui la Spagna non ha un governo, dopo le elezioni del 26 giugno, e il Portogallo ne ha un nuovo solo dall’inizio dell’anno. Delle sanzioni contro due paesi che hanno enormemente sofferto per la crisi e per la cura di austerità imposta dalla Ue per uscirne, andrebbero ad aggravare la paralisi in cui è crollata l’Europa dopo il voto a favore del Brexit. Ieri, non solo il commissario Pierre Moscovici o il ministro francese Michel Sapin, ma persino il falco Jeroen Dijsselbloem (presidente dell’Eurogruppo) si è preoccupato di sottolineare: “oggi non si parla di sanzioni”. Le “raccomandazioni” di Bruxelles potrebbero essere clementi. Per Moscovici, “sanzioni eguali a zero sono una possibilità”, mentre sulla carta possono salire fino allo 0,2% del pil e portare anche all’esclusione del paese colpevole per un minimo di tre mesi dai fondi strutturali. Luis de Guindos ha già promesso che il nuovo governo, che il ministro delle finanze auspica sia di nuovo diretto da Mariano Rajoy, aumenterà le tasse sulle società, per arrivare a 6 miliardi e portare cosi’ il deficit al di sotto del 3% nel 2017. Molto diversa la reazione del primo ministro portoghese, il socialista Antonio Costa, che ha giudicato “ingiustificabile e contro-produttivo” applicare delle sanzioni a Lisbona che già quest’anno arriverà a una riduzione del deficit senza ricorrere a nuova austerità. Costa contesta l’aggravamento del deficit e rifiuta di “pagare” per la ricapitalizzazione di una banca, la Banif (Banca International de Funchal), le cui difficoltà spiegano in gran parte l’aumento del deficit. “Il Portogallo non merita che gli venga applicata una disciplina esagerata”, ha affermato Sapin.

Le sanzioni sono esplosive, nel clima rovente di questi giorni. Ma la Germania non demorde: Wolfgang Schäuble, ministro delle finanze, vorrebbe sottrarre ogni potere alla Commissione, giudicata troppo lassista e ormai senza credibilità, per concentrare il controllo sui budget nelle mani di una autorità indipendente, che avrebbe il compito di applicare alla lettera il Fiscal Compact. La Commissione si è ulteriormente indebolita con l’ultimo episodio vergognoso, il contratto firmato dall’ex presidente (2004-2014) Manuel Barroso con Goldman Sachs. Bruxelles è invitata ad agire in fretta, per proibire, nel futuro, che chi ha avuto responsabilità di primo piano possa poi far fruttare questa esperienza come consulente nell’attività finanziaria privata. Un evidente conflitto di interessi, una caduta morale che non fa che portare argomenti agli anti-Ue. Altro scoglio: la Gran Bretagna, malgrado il voto a favore del Brexit, vuole che venga nominato un nuovo commissario britannico, in sostituzione di Jonathan Hill, che ha dato le dimissioni dopo il referendum del 23 giugno. Ha presentato la candidatura di Julian King (ora ambasciatore a Parigi). Jean-Claude Juncker non sa bene quale competenza affidargli. Hill aveva i servizi finanziari, evidentemente incompatibili con i negoziati del Brexit. A Bruxelles pensano a un commissario alle “lingue”, ma anche su questo fronte ci sono problemi ad affidare una questione cosi’ delicata per i 28 a una personalità che ha come madrelingua l’inglese dominante.