La minaccia terroristica, più volte evocata, si stava per concretizzare: ieri mattina, a Marsiglia, sono stati arrestati due uomini, Mahiedine M. e Clément B., 23 e 29 anni, ricercati da giorni, sospettati di preparare «un attentato imminente» contro dei candidati alle presidenziali, ha precisato il ministro degli Interni, Matthias Fekl. Nell’appartamento che i due amici – si erano conosciuti in carcere, Clément si era convertito – avevano affittato da poco a Marsiglia sono state trovate armi, una mitragliatrice e prodotti chimici per fabbricare esplosivi.

L’inchiesta sui due uomini era stata aperta il 12 aprile scorso. I servizi hanno reperito anche una fotografia con la prima pagina di Le Monde del 16 marzo, con il candidato républicain François Fillon, con accanto una bandiera dell’Isis. Fillon era stato avvertito, ormai il candidato è protetto anche da cecchini della polizia in ogni suo spostamento.

Anche Emmanuel Macron era nel mirino dei terroristi e, come gli altri candidati, è sotto protezione assoluta, il livello è passato da 4 a 2 (il livello 1 è il più importante). Gli arresti di ieri hanno ricordato a tutti che la Francia vive ancora in stato d’emergenza dagli attentati del 2015 e che la minaccia persiste. Matthias Fekl ha evocato «un’imminente azione violenta», sventata dagli arresti di ieri e ha assicurato che «tutto è messo in opera per assicurare lo svolgimento delle presidenziali». Da marzo ci sono stati 19 arresti per sospetta appartenenza a gruppi terroristici.

In questo contesto, appaiono particolarmente indecenti le dichiarazioni di Marine Le Pen, che al comizio di lunedì sera a Parigi ha affermato: «Con me non ci sarebbero stati gli attentati» dello Stade de France e del Bataclan il 13 novembre 2015, perché i terroristi «non sarebbero entrati nel nostro paese».

«Con me – ha aggiunto – non ci sarebbe stato un Mohamed Merah, francese grazie allo ius soli», che nel 2012 ha massacrato un insegnante e due bambini alla scuola ebraica di Tolosa, dopo aver ucciso un militare a Montauban. Marine Le Pen, che i sondaggi danno in perdita di consensi, è tornata ai «fondamentali» dell’estrema destra a pochi giorni dal primo turno: promette una «moratoria totale, immediata, su tutta l’immigrazione legale» se sarà eletta e la fine dello ius soli per i figli di stranieri nati in Francia.

Al di là dell’assurdo di questa proposta, che riguarderebbe anche gli studenti stranieri (che contribuiscono allo sviluppo dell’economia e del peso della Francia nel mondo), il ritorno alle posizioni tradizionali del Fronte nazionale mostra quanto sia falsa la «banalizzazione» del partito, che la gestione di Marine Le Pen ha cercato di promuovere per attirare un elettorato più esteso. Adesso per chiudere ermeticamente le frontiere, abolendo Schengen, annuncia che mobiliterà i riservisti. Abolire lo ius soli significherebbe mettere nell’insicurezza giuridica milioni di francesi di origine straniera, causando il caos.

La campagna accelera negli ultimi giorni. Ieri Jean-Luc Mélenchon si è moltiplicato per sette: di persona a Dijon e in ologramma in altre sei città, per un comizio paragonabile a un fuoco d’artificio finale, dopo aver navigato, il giorno di Pasquetta, sui canali di Parigi. Il candidato della France Insoumise pensa di aver già vinto la battaglia a sinistra, distanziando il socialista Benoît Hamon di almeno una decina di punti. Oggi Hamon organizza un momento di «festa» a Place de la République a Parigi. La corsa in testa sarà incerta fino all’ultimo, i sondaggi restano nel margine di errore. Emmanuel Macron cerca di mantenere il difficile equilibrio «sia di destra che di sinistra» utilizzando ormai quasi come uno slogan il tic di linguaggio che gli è stato rimproverato: «et au même temps…» («e allo stesso tempo…»). Intanto attacca gli avversari, Mélenchon che propone «Cuba senza il sole, il Venezuela senza petrolio», Fillon che mostra il volto dell’ultra cattolicesimo, Le Pen che si richiama a Maurras.

Fillon fa campagna sempre più a destra della destra, ha già offerto posti di governo a Sens commun, un movimento all’origine della Manif pour tous, le manifestazioni contro il matrimonio gay. Le Monde pubblica un appello di 25 premi Nobel dell’economia (tra cui Amartya Sen e Joseph Stiglitz) a favore dell’Ue e dell’euro, contro i programmi anti-europei e il protezionismo.