«Chavez a cuore aperto». Questo il titolo di una lunga video-intervista che il giornalista Gianni Minà ha realizzato a Porto Alegre nel 2003 con l’allora presidente del Venezuela Hugo Chavez. A tre anni dalla scomparsa del Comandante, Minà presenta il suo lavoro domani a Roma alle 15,30 al Teatro Vittoria, nell’ambito di una serie di iniziative di commemorazione organizzate dall’ambasciata del Venezuela in Italia.

Insieme a Minà, grande conoscitore dell’America latina e voce dissonante nel panorama dell’informazione, l’ambasciatore della Repubblica bolivariana in Italia, Isaias Rodriguez, poeta e costituzionalista, che il suo paese ricorda per aver rivelato ai media internazionali il colpo di stato in corso contro Chavez nell’aprile del 2002.

Un’intervista che anticipa molte delle difficoltà che si è trovato ad affrontare il paese dopo la morte del leader, al cui funerale hanno partecipato per giorni milioni di persone. «Non sono un caudillo», dice Chavez a Minà che non risparmia le domande dirette, e cerca di smontare i pregiudizi che lo hanno accompagnato fino alla morte.

Un leader – dice Minà nel volume che accompagna il video – animato da grandi ideali di giustizia sociale, un leader inedito nel panorama del continente latinoamericano. Carismatico e provocatorio, ha catturato il favore dei poveri e degli emarginati: l’82% della popolazione negli anni della IV Repubblica, quelli dell’alternanza tra centro-destra e centro-sinistra benedetta da Washington per scongiurare in Venezuela il “pericolo rosso” e lo schiaffo di Cuba.

Chi ha riportato in sella Chavez dopo il golpe del 2002 e lo ha fatto di nuovo vincere il referendum revocatorio intentato dalle destre nel 2004 è stato ancora il popolo degli «invisibili», ignorati per decenni dalla «presunta democrazia di Caldera e di Carlos Andrés Pérez». Ora, le destre maggioritarie in parlamento vogliono sfiduciare così Maduro. Ma gli invisibili  non ci stanno.