Caro manifesto,
qualche anno fa, a Prato, tre operaie cinesi morirono affogate in un sottopasso allagato. Erano le tre di notte, buio pesto e pioveva da ore, mentre le ragazze rientravano a casa dopo il turno in fabbrica.

Con la Panda imboccarono uno di quei sottopassi fatti in fretta, scavando profondamente sotto i binari della ferrovia, per i quali è obbligatoria la dotazione di una pompa pneumatica che li svuoti dall’acqua quando piove. Si infilarono, così, in due metri e mezzo di acqua e fango e finirono annegate. L’inchiesta che seguì accertò un fatto sconvolgente: la pompa, prevista dalla normativa, era effettivamente entrata in funzione in quel diluvio, ma aveva funzionato al contrario: cioè, invece di svuotare il sottopasso, lo aveva riempito. Lasciando alla magistratura il compito di accertarne le cause, questa inversione di funzioni risulta emblematica di ciò che a volte può succedere: bisogna trovare un meccanismo che ci protegga anche dai meccanismi che dovrebbero proteggerci, casomai si mettessero a funzionare al contrario.

A PROPOSITO di magistratura, che è un ordine dello Stato, titolare del compito di tutelarci, è evidente che possa funzionare al contrario come nel caso della sentenza di primo grado nei confronti di Mimmo Lucano. Anziché porre rimedio, con una decisione mite e ragionevole (e soprattutto umana) alla pesantissima richiesta dell’accusa di una condanna a 7 anni di carcere, conseguente alla feroce campagna persecutoria di una certa politica, il tribunale di Locri ha inflitto una pena doppia di quella richiesta. Insomma, è successo di nuovo l’incidente – chiamiamolo così – che ha ucciso quelle tre operaie: il meccanismo di protezione ha funzionato al contrario.

ORA, SARÀ BENE inquadrare questo rovesciamento di funzione e questo ribaltamento di senso della giustizia nel suo contesto specifico: si tratta in realtà dell’evento più catastrofico che possa verificarsi in una società evoluta come la nostra, in cui sono previsti obblighi di cautela e di protezione praticamente per ogni crisi e per ogni gruppo sociale. Sul piano meccanico risulta molto facile capirlo: l’impianto salvavita che innesca il corto circuito, i freni che accelerano, il parafulmine che trasmette la scarica allo stabile che dovrebbe proteggere. Per fortuna, si tratta di eventi piuttosto rari. Altrettanto facile da capire dovrebbe essere sul piano sociale: il volontario antincendio che appicca il fuoco al bosco, il netturbino che sparge la spazzatura sulla strada, il poliziotto che taglieggia, sono fatti purtroppo non altrettanto rari che minano alla base la nostra fiducia nella comunità di cui siamo parte.

LA SENTENZA del tribunale di Locri, talmente abnorme da prevedere anche una sanzione pecuniaria per una somma di cui i condannati non dispongono né potranno mai disporre, appartiene, ahinoi, a questa casistica.
Di fronte a tutto ciò, ci si può rammaricare – magari tantissimo – ma, forse, si può fare qualcosa di più. Qualcosa di concreto e tangibile, ciascuno per la sua parte, e nella misura delle sue disponibilità. Per questo, abbiamo promosso una raccolta di fondi su scala nazionale per contribuire al pagamento di quella cifra esorbitante che, in caso di sentenza definitiva, Lucano e altri imputati sono chiamati a versare. Qualora, invece, il secondo e il terzo grado di giudizio assolvessero i condannati o riducessero la sanzione pecuniaria, destineremo i fondi raccolti alla realizzazione di progetti di accoglienza in quello stesso territorio calabrese dove ha preso vita il modello Riace.

PER ASSICURARE trasparenza e correttezza nell’impiego dei fondi, abbiamo costituito un comitato di garanti (Marco Tarquinio, Armando Spataro, Gherardo Colombo, Cesare Manzitti, Cesare Fragassi), che vigilerà sui criteri di utilizzo delle risorse raccolte. Con questa iniziativa vogliamo dare voce e traduzione pratica a una domanda di mobilitazione intorno al significato più profondo rappresentato da quell’esperienza sociale e amministrativa di accoglienza e di convivenza pacifica tra residenti e nuovi arrivati. La posta in palio è l’affermarsi e il diffondersi di una concezione delle politiche per l’immigrazione, fondate sulla valorizzazione del contributo sociale, economico e culturale e – se permettete – morale, offerto dai flussi migratori, intelligentemente accolti e governati.

IL RISCHIO È CHE prevalga, all’opposto, un’idea del fenomeno come “questione criminale”, problema di marginalità sociale o di ordine pubblico. Ne conseguirebbe, come è accaduto nel caso della sentenza di Locri, l’assimilazione delle iniziative civili e politiche, ispirate da criteri di razionalità e di umanità, a fattispecie penale, fino all’oltraggioso reato di associazione a delinquere. Ecco, è forse questa la tendenza da cui metteva in guardia Walter Benjamin paventando il rischio che il giudice possa “in ogni pena infliggere ciecamente destino”.

PER CHI VOGLIA CONTRIBUIRE alla raccolta di fondi, questi sono i dati:
A Buon Diritto Onlus
Banco di Sardegna
Causale: “Per Mimmo”
IBAN: IT55E0101503200000070333347