Quasi sei ore di trattativa e alla fine il governo non trova la quadra. Il decreto Milleproroghe esce dal cdm in versione «salvo intese», destinato dunque a essere oggetto di nuove trattative e di nuovi scontri. A puntare i piedi sono le due ministre di Italia viva, Teresa Bellanova e Elena Bonetti, che non sottoscrivono il passaggio più importante, quello su autostrade. L’art. 33 del dl affida ad Anas la gestione in caso di revoca o decadenza o risoluzione delle concessioni per autostrade e strade, in attesa che spunti un nuovo concessionario. Il concessionario dovrebbe incassare in compenso il valore delle opere già realizzato più le penali, a meno che la revoca non sia conseguenza di un suo inadempimento. Nella versione finale, è specificato che anche in caso di revoca per inadempimento al concessionario spetta un rimborso pari al valore delle opere realizzate al netto degli ammortamenti, detratte però le spese per il risarcimento dei danni dovuti all’inadempienza. Il punto critico è in realtà la scelta di rendere la norma retroattiva, cioè inserita anche «nei contratti già in esecuzione».

ANCORA PRIMA che la riunione del cdm aprisse i battenti l’associazione dei concessionari (Aiscat) aveva già fatto fuoco e fiamme, con un comunicato in cui esprimeva «sconcerto e incredulità», avanzava dubbi di incostituzionalità e denunciava la «grave lesione dello Stato di diritto» in quanto si modificano «per legge e in modo unilaterale i contratti». Intorno al tavolo del governo le ministre di Iv suonano lo stesso spartito. Portano anzi ancora più in là l’argomentazione dei concessionari: se si modificano a piacimento le regole, senza neppure discuterne davvero ma con un comma infilato all’ultimo momento nel più monstre tra i decreti, il Milleproroghe, nessuno oserà più investire in Italia. Il danno sarà anche più grave di quello arrecato con la soppressione dello scudo penale sull’Ilva.

IL CAPO DEI SENATORI renziani Faraone è esplicito. Segnala che le ministre di Iv hanno fatto mettere a verbale il loro dissenso e promette una battaglia senza sconti: «È un principio di civiltà giuridica: non si cambiano le regole in corso d’opera. Se vogliamo discutere di modificare le concessioni il luogo è il Parlamento e lo strumento è un provvedimento ad hoc. Saremo sempre contrari a blitz che mettono a repentaglio la crescita e lo sviluppo». Sulla carta il braccio di ferro è sul tentativo di far passare la revoca quasi di nascosto. In realtà lo scontro è di merito, come le parole di Faraone rivelano. La conversione sarà dunque l’ennesimo momento di febbre alta per una maggioranza che non riesce a uscire dalle sabbie mobili dello scontro permanente.

IL BRACCIO DI FERRO non verte solo sulle autostrade. La tensione è montata infatti anche intorno al decreto Innovazione, che il governo aveva già tentato invano di inserire nella legge di Bilancio e che è scivolato poi nel Milleproroghe. Si tratta del progetto di digitalizzazione dell’intero Paese nei prossimi 5 anni ed è stato realizzato con il contributo anche di David Casaleggio. Alla luce del sole, peraltro, dato che il guru figura ufficialmente tra i ringraziati per il loro contributo dalla ministra per l’Innovazione Pisano. Anche in questo caso a impuntarsi adombrando il conflitto d’interessi è stata per prima la Bellanova. Stavolta però alla capodelegazione di Iv si è aggiunto quello del Pd, Dario Franceschini. Alla fine il piano è stato messo nel congelatore. «Non c’erano le condizioni per approvarlo oggi. C’è bisogno di un approfondimento e le norme potranno essere inserite in un emendamento in sede di conversione», spiega Franceschini. Fatto sta che i due capitoli più incisivi nel pacco natalizio che va sotto il nome di Milleproroghe restano in forse.

ANCHE LE NORME approvate non mancano di suscitare polemiche. È infatti saltata all’ultimo momento la proroga che avrebbe garantito una guida, quella del consigliere anziano Merloni, all’Anticorruzione e, dopo la conferma delle dimissioni di Rocco Sabelli, presidente e ad, resta acefala anche Sport e Salute. Qui ci vuole un bel vertice di maggioranza. «Lo faremo presto», promette il ministro dello Sport Spadafora. L’agenda di gennaio sarà davvero fitta.