Silicon Valley, da anni sempre al primo posto, soprattutto se si parla di tecnologia informatica. E Palo Alto, porta d’ingresso a una delle università più prestigiose degli Stati Uniti, Stanford, resta per tutti la “capitale”, della fatidica valle tecnologica, dove crescono e si formano i più ricercati e pagati ingegneri informatici del mondo.

In poco più di 30 chilometri, passando per Redwood City, Palo Alto, Mountain View, Cupertino, San Josè, eccoli qui!, tutti i nomi delle aziende con cui, in qualche modo, ci rapportiamo tutti ogni giorno: Google, Yahoo, Intel, Apple, Facebook, Adobe, solo per fare i nomi più famosi. E, sempre qui, abitano e vivono molti giovani multimiliardari, come il signor Mark Zuckerberg (Facebook) che, per tutelarsi da “invasioni di privacy”, ha appena speso 30 milioni di dollari e ha comprato le case confinanti alla sua.

Ma, il primato firmato Silicon Valley, questa volta, non è proprio da invidiare. Nell’anno 2013, il censimento della nazionale della popolazione senzatetto, che si è finalmente abbassato in tutto il paese del 17% (di quasi 130.000 persone), rivela qui, in Santa Clara County, un incremento di circa l’8%, quindi di oltre mezzo migliaio d’individui. In questo – davvero – microcosmo di fedelissimi computerizzati che, per dare una semplice indicazione consultano sempre e solo il proprio iPhone (anche se si tratta di un’informazione riguardo al ristorante dietro l’angolo), gli homeless sono cresciuti e le difficoltà di condurre una vita, anche lavorativa, normale, sono aumentate a livelli vertiginosi.

Cos’ha causato qui questa crisi, nonostante la cauta ripresa dell’economia statunitense? Indubbiamente, qui è il prezzo altissimo delle abitazioni e la mancanza di lavoro pagato in modo adeguato, senza contare il perenne problema di una popolazione di veterani di guerra (sì, ancora, anche, veterani della guerra in Vietnam, che oggi hanno intorno ai 70-80 anni), di malati mentali, tossicodipendenti, alcolizzati. Solo in Silicon Valley risiede il 40% degli homeless americani. In più, lo stato della California ha ridotto, dal 2009 al 2012, del 21% il budget per malattie mentali. Il mix micidiale, fatto di tagli, recessione, mancanza di abitazioni e di supporto sanitario, mancanza di lavoro, ha creato un gap di ricchezza tra la gente della low middle class e i nuovi, spesso giovanissimi, ultra ricchi. Già, perché in Silicon Valley, solo in Silicon Valley, gli stipendi, il “salario”, di un ingegnere che lavora per una delle tante mega compagnie informatiche, parte generalmente, almeno da un minimo annuale di 100.000 dollari. Già, per partire…

Intanto proprio a Palo Alto, forse anche per tutelare la sicurezza delle giovani promesse informatiche, la città ha da poco passato una legge che vieta di dormire in macchina e ha ristretto l’accesso a uno dei pochi centri che possono offrire docce pubbliche. Guarda caso, strana coincidenza!, le docce pubbliche erano a pochi passi dalla casa del signor Larry Page (il quarantenne Mr. Google).

Qui a Palo Alto”, spiega Chris Richardson, direttore del programma delle operazioni dell’associazione di volontariato DownTown Streets Team, “abbiamo 152 homeless. Qui in Silicon Valley, con 7500 di loro, siamo terzi solo dopo New York e Los Angeles. Il problema, almeno uno dei problemi, è che ci sono troppe persone della ‘Tech Industry’. I prezzi sono saliti, un appartamento con una stanza di solito costa almeno 1800 dollari in Silicon Valley, e addirittura 2400 a Palo Alto. Non ci sono abbastanza abitazioni e, anche se avessimo tutti i soldi del mondo, dovrebbero comunque costruirne di più, per offrire una casa a tutti. Senza contare che è comunque necessario avere credito in banca e una situazione finanziaria che consenta di dare garanzie… Chi lavora con un piccolo stipendio non può vivere qui e, a volte, anche chi ha un lavoro, non può permettersi una casa… Calcolando anche le piccole spese quotidiane. Ci sono contrasti davvero enormi, se si pensa che solo il terreno dove è l’università di Stanford è stimato per 65 miliardi di dollari…”. Ed eccolo lì, il viale alberato che fa da ingresso all’università. A pochi metri da lì ci sono invece i segni, i resti, di chi ha passato – e passerà ancora qui, a lato della strada – la notte: una felpa appesa a un ramo d’albero, un paio di scarpe abbandonate, carrelli della spesa con tutti i proprio possedimenti, scatoloni….

Ma Palo Alto si è organizzata e oggi Downtown Streets Team (attiva anche a Sunnyvale, San Raphael, San Josè), rappresenta una delle organizzazioni che lavorano qui con gli homeless per dare loro speranza per il futuro. Dalla nascita di Downtown Streets Team, fondata nel 2005 dalla ex amministratore delegato di Napster, la signora Eileen Richardson, i senzatetto sono diminuiti da 350 a 150. Tuttavia, sottolinea Chris, “Non ci sono case da affittare per chi lavora, per esempio, in un ristorante. E allora ci si deve spostare, essere pendolari, e si arriva a guidare anche per tre ore ogni giorno. Quando abbiamo cominciato, molta gente chiedeva l’elemosina per la strada. Oggi invece, per fortuna, i nostri amici puliscono le strade. Abbiamo fatto un accordo con la Città e la Polizia e, per 4 ore al giorno, lavorano spazzando le strade. In cambio, hanno dei buoni spesa per i loro bisogni (mai soldi). L’idea fondamentale è di fare sentire bene le persone, perché chiedere l’elemosina fa male, umilia e deprime. Si perde autostima, ed è allora facile poi cominciare a bere”. E allora li incontriamo per la strada, i signori di Down Town Streets Team, ognuno con i propri attrezzi da lavoro, la propria scopa, la propria giacca con il logo dell’associazione che, dal colore, ci dice che ruolo hanno nella piccola community. Dennis, Greg, Nicholas, Maudie, Terry, Ricardo, hanno tutti vissuto in molti modi diversi e di fortuna. Ricardo e Maudie, senzatetto dal 2009, con una figlia allontanata dai servizi sociali, hanno vissuto per qualche mese dormendo in motel e nel centro di aiuto della chiesa, poi sull’autobus, quello che da Palo Alto arriva fino a San Josè e che prosegue il giro per tutta la notte e permette di dormire al riparo (pagando un solo biglietto). Ma adesso, dopo aver cominciato la collaborazione-lavoro con Downtown Streets Team, hanno una speranza, quella di non ritrovarsi più in mezzo alla strada e di potersi riunire finalmente con la figlia, che adesso ha 17 anni. Sognano di trasferirsi in Tennessee, dove hanno amici, la vita è meno cara e la figlia potrà studiare fotografia. Jan Pierre invece, veterano del Vietnam, anche lui, finalmente, oggi è riuscito ad avere una casa, continua il suo lavoro per la strada indossando la sua giacca azzurra, saluta tutti sorridendo… e dice orgogliosamente di voler aiutare la gente. Nessuno, nonostante qualcuno di loro manifesti la consapevolezza di non essere sempre guardato bene dalla gente che abita qui, sembra imbronciato. Piuttosto, quello che si percepisce, è che tutti hanno un grande senso di riconoscimento nei confronti del loro Team.

A San Josè invece, dove la polizia si è ridotta perché in cerca di lavoro meglio retribuito, il territorio, ricco di sentieri e rifugi naturali, ha trasformato la città in un ricovero ottimale e meno controllato. Proprio San Josè – e chi lo avrebbe mai potuto pensare, anche qui, in questa cittadina californiana che pare tanto tranquilla e ordinata, con i suoi palazzi seri e scintillanti – oggi esiste il più grande campo-rifugio, di homeless di tutti gli Stati Uniti. Lo chiamano “The Jungle”. Qui dormono e trovano abitualmente ospitalità circa 250 persone e 10 bambini. In inverno poi, vengono aperti altri 2 campi, per dare letto e pasti caldi a un numero pari a 2800 persone a notte. Claire Wagner, che lavora per una delle tante associazioni di volontariato qui a San Josè, EHC Life Builders, racconta che “non c’è disponibilità di case e appartamenti, se non a prezzi davvero molto alti. Qui, in Silicon Valley, le possibilità di trovare casa sono tra le più basse di tutto il paese. In più, le persone che vengono da noi, hanno perso il lavoro o ne hanno uno part-time o occasionale che non dà alcuna garanzia e sicurezza… il costo della vita è troppo alto. Le organizzazioni sono tante, e offrono diversi servizi. La nostra ha l’ambizione di riuscire a provvedere l’accesso a una casa, stabilmente. E poi offriamo anche il supporto di volontari che si occupano di salute. Il pronto soccorso è sempre molto, troppo caro. Per fortuna la contea ci aiuta, e c’è chi gira come pronto soccorso ambulante con medicine che possono essere necessarie”. A ogni persona è offerto uno dei tanti e diversi programmi per ricominciare… La permanenza nel campo dovrebbe riuscire a essere la più breve possibile e comunque, chiunque abbia un posto per dormire, durante il giorno deve uscire e lasciare il campo. Vanno a scuola, cercano lavoro, fanno i lavoretti che hanno trovato. L’importante è che abbiano un’occupazione. E tornano poi la sera. Le case, a volte, sono date fino a due anni, soprattutto se ci sono situazioni con minori. Poi, con pazienza, la gente riesce a farsene assegnare una permanentemente. Il lavoro è sempre incoraggiato, e si fanno corsi di molti tipi diversi. Il cuoco del campo per esempio, che oggi cucina per 200 e più persone ogni giorno, fino a ieri era tra chi il cibo qui veniva a chiederlo. Il primo passo da compiere, per iniziare un percorso d’integrazione, è sicuramente rivolgersi al Boccardo Regional Reception Center, dove i senzatetto possono essere aiutati, indirizzati, accompagnati verso una vita diversa. Qui possono cominciare a trovare un letto e un pasto caldo. Per cominciare… E poi, grazie davvero a un esercito di volontari (di queste associazioni e mille altre), sono offerte cure mediche, dentista, docce, consulenti di lavoro e per la ricerca della casa. Tutte, proprio tutte le associazioni che lavorano in Silicon Valley per gli homeless, sono aiutate da centinaia di volontari, ma anche da aiuti economici che arrivano dal governo (per il 62%), da privati e, qualche volta, proprio dai signori di quel mondo hi-tec che, nel bene o nel male, ha reso queste strade tra, paradossalmente, le più ricche del mondo….