Hanno un che di paradossale i risultati del voto di domenica scorsa in Croazia al primo turno delle elezioni presidenziali. A sfidarsi al ballottaggio il prossimo 5 gennaio saranno Zoran Milanovic, candidato dei socialdemocratici dell’Sdp, e la presidente uscente Kolinda Grabar-Kitarovic, sostenuta dal partito nazional-conservatore Hdz che risultano rispettivamente al 29.5% e al 26.7% dei voti espressi.

Un risultato in parte inatteso. Favorita nei sondaggi seppur in caduta libera, Grabar-Kitarovic è scivolata in seconda posizione dietro l’ex premier di centro-sinistra Milanovic. La presidente uscente si è attestata soprattutto nelle regioni della Croazia meridionale, ed ha sbancato tra i 24mila croati registrati in Bosnia-Erzegovina (da notare che votano anche per le elezioni bosniache). Qui la candidata di destra ha ottenuto il 66% dei voti a fronte di un risicato 4.6% per il socialdemocratico Milanovic, che al contrario si è imposto prevalentemente nelle ricche regioni del nord, e soprattutto nella capitale dove si è piazzato primo con il 33% dei voti. Ed è proprio a Zagabria che Grabar-Kitarovic ha subìto una sonora sconfitta: la presidente uscente si è fermata al 19.4%, perdendo più di 15 punti percentuali rispetto al voto di cinque anni fa. A sorpassarla non solo Milanovic, ma anche l’ex cantante pop-folk Miroslav Skoro, candidato indipendente di estrema destra che a Zagabria ha raccolto il 23.8% dei voti.

Ed è proprio Skoro, «il patriota», la novità di queste elezioni. Il candidato anti-establishment si è piazzato terzo, con il 24.5%, una percentuale ben al di sopra di quanto pronosticato nei sondaggi. Skoro si è affermato soprattutto nelle regioni nord-orientali della Croazia e nelle periferie urbane, le zone più povere e disagiate, nonché tra i cittadini della diaspora. Un esempio per tutti: il 55.4% dei circa 8mila croati residenti in Germania ha votato per l’ex cantante, seguito da Grabar-Kitarovic, al 33.7%, e da Milanovic che non è arrivato nemmeno al 4%.

Nonostante non sia passato al secondo turno, Skoro è dunque paradossalmente l’unico vincitore di queste elezioni. L’outsider croato è riuscito a strappare voti sia all’elettorato di destra, sia a quello di sinistra. I candidati dell’establishment al contrario ne escono sconfitti, pur passando il turno. Eloquente il confronto con i risultati del primo turno delle presidenziali 2014: Grabar-Kitarovic ha perso ben 157mila voti, a fronte di un calo di 124mila voti di Milanovic rispetto a quelli raccolti dall’allora candidato di sinistra Ivo Josipovic. Tra i due però è Grabar-Kitarovic a uscire più ammaccata dallo scontro elettorale. La presidente uscente ha pagato una campagna elettorale costellata di gaffe e soprattutto dalla sua stessa retorica divenuta nel tempo populista e nazionalista, che non ha fatto altro che preparare il terreno per l’ascesa di Skoro.

L’affermazione del «patriota», che ha anche mobilitato una parte degli astenuti, incrina il bipolarismo croato che finora sembrava reggere rispetto agli altri Stati europei. Un dato che può essere letto come l’espressione di un sentimento anti-establishment alimentato da crescenti disuguaglianze e spopolamento del Paese che registra il peggior tasso di crescita demografica, secondo solo alla Lituania.

Il primo turno delle presidenziali in Croazia restituisce quindi la fotografia di un Paese più frammentato e polarizzato che in passato, che vede affermarsi delle dinamiche già consolidate in altri Stati europei. Attenzione quindi al secondo turno che potrebbe rivelare altre sorprese. Molto dipenderà da quanto l’ex premier socialdemocratico Milanovic riuscirà a mobilitare l’elettorato moderato, inclusa quella fetta che aveva optato per Grabar-Kitarovic cinque anni fa, e quanto invece la presidente uscente saprà attestarsi tra gli elettori di Skoro. Una sfida quantomai dagli esiti imprevedibili.