Amr Diab, uno dei cantanti pop più amati in Egitto, campeggia sui cartelloni pubblicitari della Western Union. La metropolitana di Milano è tappezzata di questi spot gialli che puntano a fare incetta di rimesse di migranti arabi che affollano le strade della città. Poco lontano dall’uscita della metro Rossa di Cinisello Balsamo, nel capannone industriale tra via Frisia e via Doria, periferia Nord di Milano, l’imminente via libera alla costruzione di tre nuove moschee da parte della giunta Pisapia non desta grandi entusiasmi.

Centinaia di fedeli affollano questi locali, vengono da tutto il mondo e si attardano in questa moschea improvvisata ma non troppo, tra la sedia da ufficio dove predica l’imam e la stufa che riscalda i grandi locali separati da tende bianche per dare spazio alle donne che però raramente si vedono da queste parti. «Magari avessimo una vera moschea. Eppure se non dovessero costruirla ci accontenteremmo di questa», ci spiega Husama, giovane barbiere marocchino che vive da cinque anni in Italia. Il ragazzo non vuole neppure sentir parlare di Stato islamico (Isis) e punta il dito sul razzismo che dilaga nelle periferie francesi: «Solo così riesco a spiegarmi gli attentati di Charlie Hebdo», aggiunge.

«Al Pala Sharp vinciamo noi»

Il bando per la costruzione delle moschee di Rogoredo, Pala Sharp e via Padova si è chiuso e tra poche settimane si sapranno chi sono gli assegnatari delle gare d’appalto.

Sono stati presentati nove progetti con finanziamenti dalla Turchia, dal Qatar (che ha già le mani sui grattacieli dell’Expo) e dall’Arabia Saudita: due di questi provengono dal Coordinamento delle Associazioni islamiche di Milano (Caim). «Al Pala Sharp vinceremo noi di sicuro», mette le mani avanti Davide Piccardo. Il giovane presidente del gruppo che si riconosce nella tradizione dell’islamismo politico non vuole rivelare i dettagli tecnici del progetto ma spara a zero contro il magistrato Stefano Dambruoso (Scelta civica) che ha citato tra i «terroristi» la moschea di Milli Gorus di via Maderna, inserita nella lista dei movimenti islamisti radicali dal ministero dell’Interno tedesco, come gruppo «legalista» in fase di profondo cambiamento.

«È un attacco (quello di Dambruoso, ndr) contro l’islamismo politico per fare carriera», accusa Piccardo che attacca la legge sull’edilizia regionale, meglio nota come «legge anti-moschee», impugnata dal governo Renzi, considerata «incostituzionale» perché pone criteri architettonici restrittivi, e molto difficili da rispettare, per la costruzione di nuovi luoghi di culto in Lombardia.

«Questo approccio ha esasperato gli animi e dà argomenti alle destre tanto quanto al Caim. Almeno una moschea a questo punto sarà di sicuro costruita», ci spiega Paolo Branca, docente dell’Università Cattolica che non ama gli atteggiamenti velleitari di Caim. «A Milano si fa politica nelle moschee, spesso a favore dei Fratelli musulmani, anche nei giorni in cui veniva destituito l’ex presidente Mohamed Morsi e questo ha lacerato gli animi e creato divisioni», considera.

L’ostilità all’islamismo politico

A Milano, come in nessuna altra città italiana, l’espansionismo dello Stato islamico che dalla Siria ha raggiunto la Libia e le migliaia di combattenti che sono partiti dalla Tunisia per unirsi ai jihadisti vengono vissute come diretta conseguenza del fallimento del tentativo dei Fratelli musulmani di governare il Medio oriente. «Pregare fa nascere l’esigenza di giustizia. L’ostilità all’islamismo politico è funzionale al dominio internazionale. Ma per noi in Europa si aprono praterie non solo per una crescita quantitativa dei fedeli di religione islamica ma per una crescita qualitativa: qui c’è l’Islam più autentico», teorizza la Fratellanza milanese.

Con l’aggravarsi del fenomeno dei foreign fighters e le leggi anti-terrorismo volute dal ministro dell’Interno Angelino Alfano, qui non si scherza più. Reclutati e reclutatori rischiano fino a sei anni di prigione, fino a dieci chi si auto-addestra, i cosiddetti lupi solitari (sebbene nessuna attività psicologica per la de-radicalizzazione sia stata predisposta, come avviene in altri paesi europei). Criminalità e terrorismo vanno a braccetto tanto è vero che è proprio il Procuratore anti-mafia a gestire le indagini anche su chi sfoga la sua frustrazione, di disoccupato, forse ateo e senza prospettive nelle periferie milanesi e non solo, sui social network.

Ma qui non siamo né a Bourgerout, quartiere di Anversa con il record di partenze per la Siria né a Bruxelles o Marsiglia. E i jihadisti italiani da Ibrahim Del Nevo a Anas Al-Abboubi, da Munifer Karamaleski a Ismar Mesinovic si contano sulle dita di una mano.

«La distinzione tra chi è o non è terrorista è molto sottile», inizia Usama, sheykh part-time, seguace di Ahmed al-Sanami di cui traduce in italiano i sermoni, e venditore di vestiti usati per conto del think tank Islamic Relief.

Nuove norme, nuove espulsioni

Incontriamo Usama in uno dei tanti ristoranti egiziani che spuntano come funghi lungo viale Monza. Il discorso sul terrorismo qui è molto argomentato tra i giovani arabi di prima e seconda generazione. Per molti da queste parti l’Isis è violento, crudele ma «non è un gruppo terroristico» o meglio «fa uso del terrorismo».

«Stanno cacciando tante persone con accuse generiche. Sono almeno due le espulsioni dopo l’entrata in vigore delle nuove norme di cui io sono a conoscenza. Si tratta di giovani che sfogavano le loro frustrazioni su internet e che ora saranno torturati in un carcere marocchino, probabilmente», considera Usama che conosceva del Nevo e il suo fascino per le tecniche di guerra prima di partire per il fronte siriano.

«Se Isis fa davvero quello che i media rappresentano allora noi condanniamo questi atti che sono contro l’Islam», prosegue Usama. Sua moglie, Valentina, una ragazza italiana convertita, è stata licenziata dal suo studio di avvocati il giorno in cui ha annunciato a tutti che avrebbe messo il velo. «Avverto la montante discriminazione verso i musulmani per le strade di Milano, soprattutto dopo gli attacchi di Parigi», aggiunge la giovane.

Usama ha una storia di militanza nel Partito democratico di Pioltello dove ha fatto campagna per il voto alle elezioni amministrative per gli immigrati. «La sinistra non prende posizioni per difenderci ma ci strumentalizza.
La Lega ci odia», denuncia Usama che sogna di vedere a Milano una vera moschea dove si prega e si legge il Corano: non solo un luogo di culto, come la moschea di Roma, ma un centro culturale e religioso al contempo.

Simpatie politiche trasversali

L’islamismo politico ha simpatie politiche trasversali e dove non trova appoggio tra i democratici non ci pensa due volte a fare l’occhiolino alle destre. Eppure sembra che il dibattito politico italiano, impregnato di islamofobia, abbia completamente abbandonato i giovani migranti di queste strade.

E così ragazzi depressi e senza prospettive vengono attratti da una lotta dura che di per sé potrebbe essere paragonata ad uno spirito rivoluzionario e marxista, dimenticato dai partiti, o forse basterebbe solo più comunitarismo e meno individualismo per calmare gli animi più velleitari.