Il sindaco non c’è. O meglio, è temporaneamente assente. Insomma, Beppe Sala si è dato una calmata. Ieri si è concesso un sabato di meritato riposo dopo aver mandato in fibrillazione il mondo politico non solo milanese. Non sarebbe giusto liquidare la sua singolare autosospensione come una sceneggiata, semplicemente ha prevalso lo stato d’animo di un uomo impulsivo che ha reagito ad un avviso di garanzia come se fosse una provocazione. Un colpo di testa che, visti gli esiti, si è trasformato in un’abile strategia politica. Il suo mezzo passo indietro, infatti, sembra la mossa più azzeccata da quando ha deciso di smettere di fare il manager.

Tutti lo vogliono, tutti lo stimano, lo implorano i poteri forti e i poteri deboli, anche gli avversari più tosti gli chiedono di tornare al lavoro, dal cardinale fino all’ultimo degli usceri non c’è nessuno che abbia il benché minimo dubbio sull’onestà del primo cittadino di Milano. Incredibile. Beppe Sala negli ultimi anni è stato accusato di tutto e da tutti senza che la Procura generale di Milano avesse mai detto alcunché sul suo operato da manager di Expo (hanno arrestato i suoi collaboratori). Eppure se si votasse oggi, che è iscritto nel registro degli indagati con l’accusa di falso ideologico e materiale nell’ambito dell’inchiesta sulla Piastra dell’Expo, vincerebbe con un margine di voti più ampio dello scorso giugno.

E adesso? In vista, forse già lunedì, dovrebbe esserci il chiarimento con i magistrati che Beppe Sala di fatto è riuscito ad anticipare con la forzatura dell’autosospensione. Se oltre alle accuse contestate non dovesse esserci altro, il sindaco – assistito dall’avvocato Salvatore Scuto – potrà tornare serenamente al suo posto per spiegare ai cittadini di non aver commesso il reato che gli contesta la Procura generale. Se invece il quadro accusatorio si dovesse ulteriormente complicare, allora non gli resterebbe altro che dimettersi. Ma nessuno oggi tra i suoi sostenitori se la sentirebbe di scommettere su questa seconda ipotesi.

In ogni caso la “vacanza” di Beppe Sala non potrà continuare a lungo. In pochi giorni la vicenda dovrebbe essere chiarita. Questo lasciano intendere le dichiarazioni di Anna Scavuzzo, che per la prima volta si è relazionata con la stampa nella sua funzione di quasi sindaca, e dell’assessore al Welfare Pierfrancesco Majorino: “Sono convinto che la vicenda si chiuderà presto e che il sindaco ne uscirà bene, sono certo che la città abbia bisogno della sua guida, non conosco cose particolarmente segrete, è solo un ragionamento di buon senso”.

Intanto il pressing sul sindaco continua. Ieri, dopo il capo dell’Anac Raffaele Cantone, un altro pezzo da novanta della legalità, l’ex pm Gherardo Colombo, ha caldeggiato il ritorno immediato di Beppe Sala a Palazzo Marino. Con una nota. Il Comitato per la legalità del Comune di Milano, presieduto dall’uomo simbolo di Mani Pulite, “ritiene, sulla base di quanto appreso sulla vicenda, che non vi siano motivi per protrarre l’autosospensione del sindaco e confida nella pronta ripresa dell’esercizio delle piene funzioni al servizio della città”. Ma l’attestato di solidarietà più “rumoroso” ieri è arrivato da una lettera scritta a Sala da 71 sindaci italiani – 24 di capoluogo di provincia e 47 di altri comuni – che sottolineano la difficoltà di esercitare le loro funzioni se semplici atti dovuti della magistratura si trasformano in “processi sommari e mediatici”.

Il messaggio – nel rispetto delle decisioni della magistratura, “anche quando non appaiono convincenti” – è questo: Beppe Sala ha fatto un gesto di grande sensibilità, “tuttavia se passa il messaggio che di fronte a un semplice avviso di garanzia un amministratore è gravemente indebolito nell’esercizio delle sue funzioni, si determinano tre gravi conseguenze”. Primo: “Subisce un danno lo stato di diritto”. Secondo: “Le nostre città precipitano in una condizione di ingovernabilità”. Terzo: “La reputazione subisce un duro colpo”. Questo vale, scrivono i sindaci, a Roma come a Milano, a Livorno come a Parma, a Siracusa come a Genova.

Alla Procura generale di Milano, che con l’avviso di garanzia a mezzo stampa avrà fatto il suo dovere, staranno fischiando le orecchie.