Davide Piccardo, portavoce del Caim (Coordinamento delle associazioni islamiche milanesi), ieri sera è stato ricevuto dal console francese di Milano. Una visita non rituale. “La nostra posizione non può essere altro che quella di un rigetto più assoluto di un atto così orrendo. Siamo qui più che altro come cittadini, come esseri umani, anche come musulmani, però vogliamo sottolineare che non ci sentiamo più in dovere rispetto ad altri di condannare questo fatto perché siamo musulmani”.

Una considerazione sensata che però tradisce il nervosismo che serpeggia tra la comunità islamica milanese, proprio nel giorno scelto dal Caim per contestare il bando pubblicato dal Comune di Milano per assegnare tre luoghi di culto ad altrettante associazioni (entro 60 giorni dovranno presentare progetti). Il tema è la moschea di Milano. Sarebbe tranquillizzante rimanere impigliati nella meschineria delle solite strumentalizzazioni politiche, ma è inutile negare che la strage di Parigi rischia di cambiare le carte in tavola.

“Noi – è costretto a ribadire Piccardo – non abbiamo mai avuto niente a che fare con questo tipo di pratiche e mai lo avremo perché sono cose distanti da noi”. Per Piccardo “chiunque metta in relazione questi fatti atroci e i diritti dei cittadini fa un’operazione criminale”. Il riferimento è Riccardo De Corato (Fratelli d’Italia) che oggi in consiglio comunale chiederà la sospensione del dibattito sulla moschea. E altrettanto farà Matteo Salvini, per non parlare di Roberto Maroni che ha chiesto al presidente del Consiglio di sospendere il trattato di Schengen.

Il caso ha voluto che proprio ieri mattina, mentre a Parigi veniva assaltata la redazione di Charlie Hebdo, il Caim abbia convocato una conferenza stampa per contestare il bando del Comune di Milano che assegna tre spazi pubblici per la costruzione di luoghi di culto. Il Caim ha lamentato molti “punti critici”, di natura tecnica ma anche politica, tra cui alcune richieste alle associazioni musulmane considerate palesemente discriminatorie. I toni sono stati piuttosto duri: “Revocare il bando e approvare un nuovo testo che elimini i criteri che possano rivelarsi discriminatori e che dia risposta alle legittime osservazioni presentate”. Andrea Piccardo ha anche minacciato un ricorso al Tar.

Altrettanto dura però è stata la risposta dell’assessore alle politiche sociali Pierfrancesco Majorino, che da mesi sta lavorando per sciogliere il nodo ventennale della moschea a Milano. “Non abbiamo nessuna intenzione di ritirare il bando. Esso non introduce alcun tipo di discriminazione. Basta leggerlo”. L’assessore ha fatto riferimento al più delicato dei punti contestati dal Caim, cioè essere un ente di culto riconosciuto, avere ministri di culto riconosciuti dal ministero e aver sottoscritto la “carta dei valori” del governo Prodi nel 2007. “Non si tratta di un vincolo – ha precisato – ma solo di una possibilità che oggi viene esplicitata. Non capisco in nome di quale strano ragionamento dovremmo considerare come fattore premiale avere rapporti con istituzioni nazionali di altri paesi, come può accadere attraverso il bando, e non averceli con le istituzioni taliane”. E’ dire poco dire che oggi la faccenda si complica.