Come volevasi dimostrare. Ieri all’alba a Milano è stato sgomberato il centro sociale Lambretta. Ormai se lo aspettavano tutti. Si sapeva che sarebbe successo questa settimana. Le forze dell’ordine hanno fatto irruzione ma non ci sono stati scontri. Sei antagonisti sono saliti sul tetto di una delle villette occupate in zona Piola e ci sono rimasti per tutta la giornata mentre sulla strada si radunavano simpatizzanti in attesa della manifestazione che si è svolta ieri sera alle 20 proprio in piazzale Ferravilla (zona Piola).

Nelle villette, di proprietà dell’Aler, avevano trovato casa anche alcuni rom che per lo più non si sono fatti trovare al momento dello sgombero, e una una coppia di giovani peruviani con bambini che questa notte ha dovuto arrangiarsi da parenti perché, come spesso succede, i dormitori offerti dalle strutture comunali comportano orari e regole impraticabili per chi ne ha davvero bisogno. Si tratta del tipico sgombero di agosto, e per questo tanto più vile e ingiusto. Ma soprattutto è il secondo a Milano nel giro di un mese. Qualche settimana fa infatti era stato sgomberato il centro sociale Zam – e in quel caso era volata anche qualche manganellata.

Zam e Lambretta sono tra le realtà di movimento più nuove di Milano e tra le più deluse dalla giunta arancione guidata da Giuliano Pisapia. Si sarebbero aspettate ben altro atteggiamento in tema di centri sociali visto che in campagna elettorale il futuro sindaco aveva promesso di trasformare Milano in una nuova Berlino e visti i contatti che intercorrevano tra gli antagonisti e alcuni uomini molto vicini a Pisapia. Da palazzo Marino ci tengono a precisare che questa volta è stato sgomberato uno spazio di proprietà di Aler, l’ente che gestisce le case popolari e che dipende dalla Regione. Zam, però, aveva trovato casa in una ex scuola, ma non per questo è stato risparmiato dalla volontà di ripulire la città in vista di Expo nonostante il proprietario di quello stabile fosse proprio il comune.

La giunta arancione all’inizio dell’estate aveva tentato una mediazione istituendo un tavolo per discutere di spazi sociali. Questi due sgomberi però, di fatto chiudono la partita, almeno per quanto riguarda i centri sociali. Quella trattativa è fallita e adesso si deve aprire una fase nuova e difficile. Tanto più che nel frattempo Palazzo Marino ha invece acquisito la proprietà dello stabile occupato dal Leoncavallo grazie a uno scambio con la famiglia Cabassi. Una mossa che apre a una normalizzazione senza precedenti e che basta e avanza per scatenare una campagna furibonda delle destre oltre a lasciare perplessi anche molti esponenti del Pd.
Difficile dunque immaginare che il Comune abbia ulteriori margini di manovra per gestire come avrebbe dovuto anche le prevedibili nuove occupazioni di Zam e Lambretta. Loro lo spazio dovranno prenderselo da soli. E lo faranno molto presto.