La partita è a carte scoperte e i giochetti sono ormai alla luce del sole, eppure primi attori e comparse delle primarie del centrosinistra milanese continuano a «menare il torrone» su questioni di secondaria importanza (per i non nordici il linguista Tullio De Mauro traduce «scocciare con discorsi protratti e volontariamente infastidenti»). Tanto per girarci attorno, ieri pomeriggio, il Comitato promotore delle primarie si è riunito per valutare l’ipotesi di protrarre fino al 20 gennaio la possibilità di raccogliere le firme necessarie per partecipare alle primarie e quindi di spostarle alla fine di febbraio. Niente da fare: la coalizione ha deciso che si faranno il 7 febbraio come precedentemente stabilito, dunque senza concedere nulla a chi chiedeva un posticipo (vedi alla voce «diktat romani»). La raccolta delle firme, ne servono 2.500 per candidarsi, comincerà sabato e terminerà il 12 gennaio. Scampoli di orgoglio meneghino e il presidente del Consiglio se ne farà una ragione: si vocifera di una telefonata «distesa e collaborativa» tra il sindaco di Milano e Lorenzo Guerini del Pd.

Forse Giuliano Pisapia avrebbe preferito non fare questo piccolo sgarbo agli «amici» di Giuseppe Sala che avevano chiesto più tempo per una raccolta firme meno trafelata, ma non sono certo questi i problemi del sindaco che sta tentando disperatamente di garantire continuità ad una esperienza politica che è tramontata nei fatti. Da quando Matteo Renzi ha trasformato il Pd nel suo partito personale, il centrosinistra non esiste più. Tenerlo in vita solo a Milano sarebbe un miracolo e forse anche un’operazione destinata ad andare presto in frantumi. A meno che, come favoleggia il Corriere della Sera, dietro le quinte dello scontro Renzi-Pisapia, il sindaco di Milano non stia addirittura preparando la sua candidatura a palazzo Chigi.
Restando ai fatti, la situazione è questa: ci sono due quasi candidati, che continuano a rimandare la loro auto incoronazione, il manager dell’Expo Sala e la vice sindaca Francesca Balzani, il primo unto da Renzi e dal Pd milanese, la seconda tenuta per mano da Pisapia, e poi c’è un terzo incomodo. Per quei giornali (e tv) che se lo fossero dimenticato, si chiama Pierfrancesco Majorino, è ancora incredibilmente un uomo del Pd, si è candidato per primo a sindaco e sulla sua candidatura i milanesi di Sel hanno puntato tutto per garantirsi un qualche futuro. Perché sia una partita a due, Sala vs Balzani, il brutto anatroccolo delle primarie a questo punto dovrebbe farsi da parte, eppure sembra intenzionato a tenere duro nonostante non goda di sponsor molto potenti – e alla lunga potrebbe anche essere un vantaggio. Questo è il nodo, non la data delle primarie. Pisapia farà di tutto per farlo desistere e forse basterebbe un posto al sole di fianco a Balzani, poi dovrà preoccuparsi che i due prescelti non si facciano troppo male visto che cominciano a starsi antipatici con una certa naturalezza.

L’uomo che ha tenuto insieme Expo è da un anno che va in tv, Balzani invece ha appena cominciato a farsi conoscere. Piace, ma spiazza (e fa incazzare) i fan di Majorino che si sentono traditi dal loro sindaco che aveva promesso neutralità. La stessa accusa, in questo caso ridicola, viene rivolta a Pisapia dal Pd locale, come se il deus ex machina del «modello Milano» non avesse il diritto di dire la sua mentre il presidente del Consiglio fa di tutto per eliminare ciò che si muove alla sua sinistra. La preferita del primo cittadino in questi giorni si è distinta per un paio di brillanti battute, prima in tv da Lilli Gruber e poi a Radio Capital. Ha fatto finta di doverci pensare (la grana Majorino…) e ha cercato di non infastidire Renzi, «appoggia Sala? Per me sono leggende metropolitane». Poi con una battuta pop ha pareggiato il conto con Sala che la scorsa settimana aveva balbettato qualcosa sulla Milano da bere: «Se iniziassero a essere primarie quattro salti in padella, apri la busta con il candidato di partito e la scaldi nella pentola, poi ti ritrovi con gli elettori sconcertati. Io escludo che Renzi abbia posizioni che non vogliano spingere per primarie vere, aperte, inclusive e democratiche». Malizia, profumo di intesa.