Percorso anomalo, manifestazione eccezionale. Da piazza della Repubblica all’Arco della Pace, impossibile non lasciarsi sfuggire un corteo così lungo che ha sorpreso gli stessi organizzatori (e i vigili urbani che non hanno bloccato il traffico lungo il tragitto). Per i sindacati in piazza c’erano 35 mila persone, ma forse erano di più. Non era scontato anche se a Milano, con 75 pullman e qualche arrivo in treno, si sono mobilitati i lavoratori della scuola di sette regioni del nord. A dar manforte, gli studenti medi e universitari. Non tantissimi, ma nell’ordine di qualche migliaio. E anche pezzi di sinistra che si sono identificati con una manifestazione molto politica, forse la più imponente mai organizzata contro il governo Renzi (a Milano erano anni che la scuola non scendeva in piazza con tanta determinazione).

Una marcia lenta, sfilacciata, si chiacchiera. Ci si divide per regioni. Visibilmente soddisfatti, maestri e maestre si complimentano a vicenda per la bella giornata e poi dicono chissà, speriamo, magari: “Vediamo se adesso ci ascolta”. Il presidente del Consiglio, bontà sua, ha detto di sì, li ascolterà. Ma ci credono in pochi. L’idea è che qualcosa si sia rotto ben al di là delle rivendicazioni sindacali, anche se in piazza prevale il buon umore. “Che facciamo, bruciamo una macchina?”. Si scherza, ma il problema di portare a casa qualche risultato esiste. Gli insegnanti che da anni calcano le piazze, da troppo tempo vuote di corpi docenti, sono quasi stupiti. Mai visti così tanti in piazza. Cgil, Cisl e Uil danno sempre i numeri. Ma questa volta i conti ognuno se li fa da sé: “Su 21 classi ne sono entrate solo 4”, dice una maestra delle elementari, da noi era impensabile. “Speriamo che ci ascolti”. Ancora.

Vogliono ascolto, questa è una piazza ragionevole. Funzionerà? Vedremo. L’idea però è che la cambiale stia scadendo anche per il super capo del Pd. Questo è il suo mondo, inutile negarlo. Sventolano ovunque le bandiere della Cgil, poi della Cisl e poi ancora della Uil, ma ci sono tutti i sindacati possibili e immaginabili. Un prof che ce l’ha con i suoi colleghi, quelli che votano male, fa due conti e conclude che se la metà di queste persone deciderà di non votare Pd “allora forse qualcosa cambierà”.

Lui è di parte. Ma basta guardarsi intorno per capire che questa volta è in una buona compagnia. La fantasia dilaga, si vede che lo sciopero è stato preparato per bene (via il Cif: non ci sono muri da ripulire). Il Nostro viene raffigurato ovunque con orecchie da asino, un tipo con la bomboletta (che non sempre vuol dire assassino) ha scritto su un lenzuolo “Le tue chiacchiere non incantano più nessuno”, un altro invece ha scritto “Sei tutto chiacchiere e distintivo”. Ci vogliono quindici prof mascherati da lettera per formare la scritta ambulante “Non ti votiamo più”, una sola si aggira un po’ smarrita con il suo foglio A4: “Mai più Pd”. Ha perso di vista i colleghi. Più rara e più preziosa la figurina del premier vestito da Napoleone, spunta qua e là tra giochi di parole autoprodotti: “Renzi d’istruzione” e “La buona squalo”. E poi pagliacci, canti, balli e la maglietta d’ordinanza della Cgil che dà il tono a tutta la manifestazione. La prima vera piazza “moderata” contro Renzi, per lui la più pericolosa.

Sul palco, all’Arco della Pace, più che un comizio sembra un happy hour. Il corteo stravaccato applaude le parole di Tobia Sertori, segretario generale della Flc Scuola, e degli altri esponenti sindacali. Tutti d’accordo. Studenti compresi, che da buoni ultimi si mescolano tra prof e maestre come fosse l’ora della ricreazione. Tutti a ballare sulle note di “Bella ciao” suonate dal vivo da una giovane band. In alto, sull’Arco, per colpa del Cantiere sventola una scritta con un disegno: “Puliamo Milano: mafia, expo, razzismo, speculazione”, sotto due bambini scrivono su un muro: “Carlo vive”.