Neuerkerode è una fondazione evangelica della bassa Sassonia nata nel 1868 dall’idea del pastore Gustav Stutzer che desideroso di accogliere i bisognosi, iniziò a ospitare nella struttura anche persone disabili. Sopravvissuta a due guerre e ai cupi anni del regime nazista-raccontati nel libro attraverso il personaggio di un’anziana ospite- la fondazione, senza venir meno ai valori dell’inclusione e della partecipazione, è cresciuta diventando un’impresa di servizi complessi, con 1500 persone impiegate nella cura degli oltre 800 ospiti disabili. In occasione dei 150 anni di attività la fondazione ha scelto il mezzo del fumetto per raccontare la propria storia e il lavoro svolto finora, offrendo a Mikael Ross la possibilità di soggiornare nel villaggio per un anno e mezzo. Da quest’esperienza il fumettista tedesco ha tratto la vicenda di Noel, un ragazzo con ritardo mentale, del suo arrivo a Neuerkerode e del suo primo anno di permanenza nella struttura. Imparare a cadere è uscito per Bao Publishing a fine febbraio e segna l’esordio come autore unico del fumettista tedesco Mikael Ross, che abbiamo intervistato.

Il libro è una commissione, ma credo sia una grande responsabilità per un artista accettare di trattare il tema della disabilità. Quali sono state le tue motivazioni e perché hai deciso di accettare?
All’inizio ho esitato, perché è sempre difficile raccontare qualcosa di cui non si ha esperienza diretta. Ci sono molti tranelli nei quali si può cadere ed è molto facile terminare nel cliché. Nonostante tutto ho deciso di accettare la proposta pensando che sarebbe stato interessante vedere il processo anche se avessi fallito nel compito finale. Inoltre ero molto curioso di conoscere la realtà di Neuerkerode e le persone che ci vivono.

Il romanzo inizia con una bella scena domestica nella quale imposti il rapporto tra il protagonista Noel e la madre, una serenità bruscamente interrotta: un evento sfortunatamente normale-l’ictus della donna- vissuto dagli occhi di un ragazzo speciale. È un modo per portare subito il lettore in un’altra realtà?
Questo nucleo centrale della narrazione proviene da un ragazzo ospite a Neuerkerode che mi raccontò come vi era arrivato la prima volta. Capita a molte persone affette da disturbi o ritardo mentale di vivere assieme ai genitori finché questi non si ammalano. È una situazione percepita in modo traumatico semplicemente perché non sono abituati a vivere senza le sicurezze che i genitori possono offrire loro.

Hai scelto una coraggiosa prima persona narrante che coincide con il punto di vista di Noel. Non sarà stato facile immaginare i pensieri del protagonista, invece seguiamo i suoi ragionamenti e la sua brillante immaginazione. Come hai lavorato sulla creatività del personaggio?
Non sarebbe stato possibile tracciare il profilo di Noel e degli altri personaggi senza i veri abitanti di Neuerkerode. Il modo in cui parlano, la loro audacia, la loro resistenza e in generale la loro autenticità provengono dritte dal periodo che ho passato nel villaggio. I miei personaggi parlano davvero come parlavano e come ho visto agire gli ospiti di Neuerkerode. Si tratta comunque di una storia fittizia, i cui elementi sono pescati dalla realtà: d’altra parte ho anche raccontato situazioni irreali, come quella dell’operatore colpito da un fulmine, che invece sono realmente accadute.

Chiunque voglia mettersi in relazione con la disabilità deve avere empatia. Ci sono alcuni personaggi nel libro che sembrano aderire a questo principio. L’empatia può essere allenata e accresciuta. In questo senso, com’è stata la tua esperienza a Neuerkode?
Non sono un esperto, non so se è così come dici. Uno dei problemi che ho riscontrato è che il lavoro svolto in questo campo non è valorizzato abbastanza. I professionisti incaricati spesso subiscono i tagli che il sistema infligge al loro settore, con il risultato che passano meno tempo assieme ai loro assistiti. L’assistenza geriatrica presenta una situazione simile: anche gli operatori con le migliori intenzioni vengono scoraggiati da questa tendenza di politica economica che si traduce in detrimento del loro lavoro. Ho un immenso rispetto di questi lavoratori, perché si tratta di una professione molto impegnativa; ho anche visto professionisti molto soddisfatti perché la relazione con le persone con disabilità arricchisce moltissimo. Non riesco a pensare a una parola diversa da dono. Molte volte a Neuerkerkode ho sentito che entrare in contatto con la disabilità era un vero e proprio dono. L’empatia scorre a doppio senso: io sono tornato da là con molto più empatico di prima, quindi qualcuno avrà fatto pratica con me!

Noel è un adolescente e, come succede ad ogni ragazzo della sua età, si prende una bella cotta per Penelope, che lo ignora spudoratamente. DI nuovo la normalità si affaccia su questo mondo, che troppo spesso ci sembra «diverso».
Questo è quello che ho trovato a Neuerkerode, dove le persone non si curano della propria condizione; del resto neanche noi ci svegliamo dicendo «accidenti, un altro giorno con questo paio di gambe» per esempio. In un anno e mezzo di ricerca nessuno di loro mi ha parlato della propria disabilità, che per loro è noiosa, proprio perché naturale. Ciò che interessa davvero è l’AMORE, il CIBO, il CALCIO, il CLIMA, e solo a volte, un po’ di politica. Come narratore sono rimasto subito intrigato dagli aspetti da telenovela, dal gossip: chi si è lasciato da chi? Chi ha tradito chi?

Mi ha convinto il modo in cui tratti la disabilità dei tuoi personaggi: nessun pietismo, nessuna commiserazione.
Io stesso mi arrabbio molto quando le persone mi commiserano: come fumettista ho combattuto molto per sbarcare il lunario. Di tanto in tanto mi arrabbio anche quando mia madre mi chiama per chiedermi se può aiutarmi in qualche modo. Mi infastidisce essere vittima di pietismo, quindi ho cercato di non averne per i miei personaggi; credo che sia stato esattamente quello il mio
obiettivo.

Usi una tecnica mista che si presta benissimo alla varietà sconfinata delle espressioni facciali di Noel e non solo.
La pratica è importantissima e si affina libro dopo libro, ma osservo comunque moltissimo le persone. Lo smartphone è molto utile per questo: posso osservare una persona a lungo, mentre la sua attenzione è rivolta allo stupido telefono, senza essere disturbato e senza che se ne accorga, e posso anche disegnarla. Certo è un’emozione creare personaggi sulla pagina e vederli muovere e prendere vita: se fanno ridere o piangere il lettore, vuol dire che il mio lavoro è arrivato.

Il titolo italiano è lievemente più ottimista del tedesco «Der Umfall» (l’incidente). Di cosa pensi che abbiamo bisogno per imparare a cadere e a cosa può servire l’arte in questo senso?
Tutti dobbiamo imparare a cadere e a fallire con passione. Anzi direi che l’invito è rivolto in special modo ai lettori non disabili. Credo che sia vero che le persone con disabilità siano più capaci di rialzarsi quando cadono; sono meno intimoriti rispetto al fallimento, e per quanto suoni scontato, hanno davvero molto da insegnarci.