Verrebbe da dire: attenti a quei a quei tre. Il patto siglato giovedì a Tripoli tra Malta, Libia e Turchia rischia di essere qualcosa di diverso e di più dell’ennesimo accordo per fermare i migranti nel Paese nordafricano impedendogli di arrivare in Europa. Di fronte al premier libico Fayez al Serraj, il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavasoglu e quello maltese Evarist Bartolo hanno deciso di fornire aiuti sotto forma di mezzi e finanziamenti alla cosiddetta Guardia costiera libica, rafforzando allo stesso tempo i confini meridionali del Paese dal quale transitano i migranti. «L’immigrazione clandestina non rappresenta una minaccia solo per l’Ue ma anche per la Libia» è stato spiegato a giustificazione del sostegno promesso. L’accordo non sì ferma però alla sola repressione dei migranti, ma mente in discussione anche un’iniziativa europea come la nuova missione Irini che ha lo scopo di fermare il contrabbando di armi verso la Libia, già contestata da Ankara e Tripoli, secondo le quali favorirebbe il generale Khalifa Haftar a cui i rifornimenti arrivano principalmente per via aerea e terrestre, e ora anche dalla Valletta.

Non è certo una novità che Malta spinga perché la Libia moltiplichi gli sforzi per fermare i migranti. Nei mesi scorsi ha chiesto infatti all’Unione europea di investire cento milioni di dollari in aiuti umanitari al Paese nordafricano in modo da rallentare le partenze. Ma soprattutto avrebbe stretto un accordo per permettere a Tripoli di intercettare i barconi con i migranti prima del loro arrivo in acque maltesi. A rivelarlo è stato a novembre dell’anno scorso il Sunday Times of Malta, secondo il quale l’accordo prevederebbe che le forze armate maltesi, delle quali fa parte anche la Marina, forniscano indicazioni circa la posizione dei barconi in modo da permettere alla Guardia costiera di Tripoli di intervenire bloccandoli.

C’è poi il memorandum siglato da Tripoli con la Valletta, e reso noto nei mesi scorsi da Avvenire, che prevede la creazione di centrali operative comuni tra i due Paesi per coordinare la ricerca dei barconi favorendo così il loro ritorno in Libia dove i migranti vengono internati nei centri di detenzione gestiti dal governo. Giovedì il ministro maltese Bartolo ha affermato che la Guardia costiera libica, la stessa che meno di due settimane fa ha sparato e ucciso tre migranti che tentavano di fuggire, avrebbe «salvato» e riportato sulle sue coste 6.265 uomini, donne e bambini che tentavano di attraversare il Mediterraneo. L’accordo prevede inoltre il ritorno delle compagnie maltesi e turche in Libia e il ripristino dei collegamenti aerei Libia, Malta e la Turchia.

Per Ankara il vantaggio è invece doppio. Non solo può contare su un alleato interno all’Unione europea in un momento in cui i rapporti con Bruxelles sono a dir poco tesi, ma soprattutto rafforza ancora di più il suo controllo sulle due principali rotte, quella balcanica e quella del Mediterraneo centrale, attraverso le quali i migranti tentano di arrivare in Europa.