La strage nel Mediterraneo non si ferma. Ancora decine di cadaveri che il mare restituisce impietoso, sulle spiagge della Libia come su quella della Grecia qualche giorno fa, davanti agli occhi di un mondo distratto: una strage evitabile, quella di chi fugge dall’inferno libico, pervicacemente consentita dai governi.

La comunità internazionale, l’Ue e l’Italia in prima fila, continua ad occuparsi di una guerra senza fine, quella libica, non per promuovere un processo di pace difficile, ma per una stabilità che serva ad impedire a chi fugge dalle galere e dai campi di concentramento di mettersi in salvo, affidandoli alle stesse milizie che si contendono il controllo del territorio e i nstri finanziamenti.

Il nostro malinteso interesse nazionale ha prevalso sui diritti umani delle persone coinvolte: più naufraghi abbiamo bloccato o riportato indietro, maggiore è stata la soddisfazione dei ministri e dei governi che si sono succeduti in questi anni, anche quelli di centro sinistra purtroppo; meno ne arrivano sulle nostre coste più ne rimangono nele carceri libiche a subire torture, stupri, ad essere venduti come schiavi, a morire. Non c’è nulla di cui essere soddisfatti. Respingimenti illegali delegati a milizie senza scrupoli che fingono di intervenire per salvare quelli che dovrebbero essere naufraghi e che sono invece prede, materia di scambio e di ricatto.

Dal 2017, anno della firma del famoso memorandum Italia-Libia, promosso dall’allora ministro dell’Interno Marco Minniti, sono state riportate indietro più di 82 mila persone che fuggivano dalla violenza e dalla morte. Solo quest’anno più di 32 mila persone sono state riconsegnate alla cosiddetta guardia costiera libica e poi affidate agli stessi aguzzini dai quali fuggivano.

Un tragico gioco dell’oca dove chi fugge torna alla casella iniziale, un vero lager, con la complicità della comunità internazionale, dei governi europei, dopo un lungo e pericoloso viaggio, che spesso ha un epilogo ancor più tragico, come ci dimostrano i cadaveri affiorati sulle coste libiche nelle ultime ore.

L’Onu, numerose istituzioni internazionali e organizzazioni indipendenti, oltre che diversi tribunali italiani, hanno più volte denunciato le violazioni dei diritti umani in Libia; eppure il nostro Parlamento, con poche ma onorevoli eccezioni, ha votato senza indugio il rifinanziamento di quelli che tutti riconoscono essere crimini contro l’umanità. Una contraddizione che, davanti all’ennesima strage, speriamo possa indurre almeno le forze democratiche a cancellare questa pagina vergognosa della nostra storia politica recente.

Dopo la scelta scellerata con la quale l’Italia è riuscita a far riconoscere la Libia come Paese capace di garantire interventi di ricerca e salvataggio in un ampio specchio di mare davanti alle sue coste, l’assenza di interventi adeguati ha aumentato la pericolosità di quello che continua a essere il mare più mortifero del pianeta.

Sempre prendendo come riferimento il 2017, 11 mila persone sono morte da allora nel tentativo di arrivare in Europa, quasi 2 mila solo in questo 2021 che sta per finire. Intanto l’Ue si organizza, con il Patto Europeo per l’immigrazione e l’asilo, per rendere legali politiche oggi vietate e per le quali i governi sono stati più volte condannati da tribunali nazionali e internazionali.

È un cinismo davvero impressionate: anziché ricercare soluzioni giuste e praticabili, canali d’accesso legali e sicuri, si scrivono norme con l’obiettivo esplicito di rendere legittimi comportamenti oggi illegali, come respingimenti e rimpatri verso Paesi in conflitto.

Fermare la strage è possibile, ma bisogna invertire decisamente la rotta: oggi nella gestione delle politiche per l’immigrazione e l’asilo prevale l’ideologia delle destre xenofobe. L’auspicio è che nel 2022 le forze democratiche lascino la subalternità alla strada del razzismo e delle discriminazioni e imbocchino quella dei diritti e dell’uguaglianza.