Alla frontiera tra Ventimiglia e Mentone va in scena in queste ore una “teatralizzazione” di espulsioni e respingimenti tra Italia e Francia, come di recente era successo a Calais, tra la Francia e la Gran Bretagna. Risposte “sovraniste” di tutti i paesi, come unica reazione al fenomeno globale delle migrazioni, sotto la pressione dei partiti di estrema destra: “una mancanza assoluta di etica e il trionfo di un pragmatismo d’emergenza”. Cosi’ riassume la situazione la sociologa Catherine de Wenden, una tra le principali specialiste dei fenomeni migratori in Francia, ricercatrice al Ceri (Sciences Po), che ultimamente ha pubblicato un Atlas des Migrations: un équilibre mondial à inventer (2012) e La question migratoire au XXI siècle. Migrants, réfugiés et relations internationales (2010).

-Come mai questa precipitazione degli eventi, queste reazioni che l’ex ministra écolo Cécile Duflot ha definito una Waterloo morale??

“Siamo di fronte a un irrigidimento dettato dalla paura, dovuto anche alla crescita dell’estrema destra. Il tema della chiusura delle frontiere guadagna terreno. Non è una sorpresa. Già nel 2011, dopo le primavere arabe, si era verificato un fenomeno analogo, tra Berlusconi e Sarkozy”.

-Ma adesso in Italia e in Francia ci sono due governi che si dicono di sinistra…

“La sinistra non ha lavorato su questi temi, non hanno proposte, danno l’impressione di scoprire il problema, di improvvisare. In Francia, molte promesse non sono state mantenute, a cominciare da quella del diritto di voto per gli immigrati alle elezioni locali. La sinistra teme di perdere elettori a favore dell’estrema destra su questo fronte. Non c’è etica, ma solo una politica dettata da un pragmatismo dettato dall’emergenza”.

-La Commissione europea ha proposto una redistribuzione dei rifugiati tra i paesi Ue. Ma la proposta è stata accolta a dir poco con freddezza, con la parziale eccezione della Germania.

“Gli stati hanno subito reagito affermano la propria sovranità: sono io che gestisco le mie frontiere, non ci facciamo imporre delle quote. La Germania si mostra più responsabile, anche perché c’è meno paura dell’estrema destra. C’è un’assoluta mancanza di solidarietà tra paesi Ue e in più c’è un conflitto tra la Commissione e il Consiglio, dove ognuno cerca di rifilare la patata bollente al vicino. Cosi’ la politica suggerita dalla Commissione non viene poi seguita dagli stati”.

-Gli stati insistono sulla differenza tra rifugiati e migranti economici. E’ una distinzione che puo’ essere rispettata?

“E’ oggettivamente una differenza che è molto difficile fare, molto artificiale, perché l’asilo è ormai l’unico modo per entrare in Europa senza visto. Cittadini di paesi mal gestiti, instabili, si dicono: facciamo il tentativo di richiedere l’asilo, poiché non c’è altra possibilità”.

-L’Europa avrebbe bisogno di una maggiore fluidità di entrate e uscite?

“Certo, ci dovrebbe essere una fluidità in funzione della domanda economica: malgrado la crisi, ci sono dei settori dove c’è domanda per il lavoro offerto dai migranti, l’edilizia, l’agricoltura, persino la panetteria. Invece chiudiamo, vivendo in una grande contraddizione, con il rischio di creare zone di povertà estrema. Se l’Europa avesse un’unica politica dell’asilo avremmo già fatto un passo avanti, la domanda potrebbe venire riequilibrata. Bisognerebbe permettere ai richiedenti asilo di poter lavorare, mentre in Francia per esempio non ce l’hanno. Questo contribuisce all’immagine negativa dei migranti, accusati di voler approfittare dei vantaggi sociali europei. Tra l’altro, l’espulsione verso i paesi d’origine costa molto cara, sono soldi che potrebbero venire utilizzati diversamente. L’economia europea ha bisogno dei migranti, ma viviamo un ritorno ai demoni del passato, un ritorno della mentalità che dominava tra le due guerre”.

-Perché Schengen, che compie 30 anni, è sotto accusa?

“Di Schengen oggi vediamo solo il lato negativo, la chiusura delle frontiere esterne, mentre il trattato ha permesso la libera circolazione dei cittadini. All’interno dello spazio, la chiusura di Schengen sarebbe un disastro economico: rimettere le frontiere tra paesi avrebbe conseguenze pesanti sull’economia, a cominciare dai camion bloccati per ore ai confini”.