«Nessuna polemica tra il ministro dell’Interno Matteo Salvini, il premier Giuseppe Conte e altri componenti del governo sul caso Sea Watch e Sea Eye», questa la nota fatta trapelare ieri intorno alle 14 da fonti della Lega, dopo quattro giorni di polemiche sopite a stento, da quando cioè l’altro vicepremier, Luigi Di Maio, venerdì scorso ha aperto alla possibilità di accogliere donne e bambini dalle navi delle Ong ferme al largo di Malta. Una mossa non concordata con l’alleato, tanto chi ieri sera Salvini ha chiarito ulteriormente come la pensa: «Prendere le famiglie sarebbe un cedimento».

Il Carroccio non ha alcuna intenzione di cedere su quello che sarà uno dei cavalli di battaglia della propaganda leghista delle europee, così la nota dell’ora di pranzo già informava: nessun «cambio di posizione», resta «la contrarietà a qualsiasi arrivo via mare in Italia, per bloccare il traffico di esseri umani che arricchisce scafisti, mafiosi e trafficanti». Ma di fronte alle critiche sempre più dure del Vaticano, alla rivolta dei governatori seguita a quella dei sindaci, alle proteste di piazza, la soluzione per far uscire il Viminale dall’angolo diventano «i corridoi umanitari»: chi scappa dalla guerra, prosegue la nota, può arrivare via aereo, come «già confermato dal ministro Salvini anche per il 2019». Una soluzione condivisa non viene offerta.

Il governo è destinato a mostrarsi sempre meno compatto man mano che le europee dividono le strade dei due azionisti di maggioranza. La politica dei porti chiusi, con i 49 lasciati in mezzo al mare in burrasca tra Natale e il nuovo anno, agita la base del Movimento, una bomba che Di Maio ha provato a disinnescare con la sua proposta. Venerdì Conte ha eluso il suo ruolo di mediatore tra i due vice per prendere le parti del leader 5S, così dalla sponda leghista l’irritazione ha raggiunto livelli di guardia: «Conte sta facendo tutto di testa sua, senza confrontarsi con nessuno», ripetevano ieri mattina i leghisti. A via Bellerio temono non solo l’asse premier-Di Maio ma anche la possibilità che Palazzo Chigi assuma l’iniziativa politica in autonomia, dismettendo il ruolo di conciliatore dei programmi altrui. Non siamo ancora alla rottura ma alla «sorpresa e irritazione».

Dal lato 5S, prima c’è stata la difesa della linea di Salvini (una posizione impossibile da tenere), poi la rivendicazione della collegialità dell’azione di governo e la disponibilità ad accogliere una parte dei naufraghi. La prima proposta, con l’offerta solo a donne e bambini, è diventata un mezzo boomerang. Ieri la senatrice 5S dissidente Elena Fattori spiegava: «Pensare di dividere le famiglie è privo di senso, scappano da situazioni di guerra e torture, è molto pericoloso separarli. Quale donna accetterebbe di entrare in un paese sconosciuto con due bambini piccoli?». Il premier ha poi esteso l’invito alle famiglie e ai minori (15 persone in totale), l’iniziativa ha comunque permesso al Movimento di mettere la sordina al dissenso interno e a Conte di riprendere la parola a Bruxelles, per poi magari intestarsi la futura soluzione della crisi. La linea comune è indicare La Valletta come unica responsabile dello stallo, e quindi della grave condizione dei migranti a bordo, assolvendo l’Italia.

Ma mentre lavoravano le diplomazie, Salvini ha continuato la propaganda: «Aspettiamo risposte da Malta, Germania e Olanda. Non cambio idea – ha ripetuto a margine della riunione dell’Osservatorio sulle manifestazioni sportive -. Quando le navi sono in acque territoriali italiane è un problema nostro, quando sono in acque altrui non può esserlo. Possono farmi gli appelli tutte le persone del mondo, ma l’interesse delle donne e dei bambini è chiudere i porti a tutti gli scafisti». E sulle Ong: «Sono stufo di essere tenuto sotto scacco da parte di associazioni che se ne fregano delle regole. Uno, dieci o cento migranti non cambia, prendere le famiglie sarebbe un cedimento. Noi abbiamo fatto la nostra parte ora tocca a qualcun altro». Dichiarazioni che naturalmente bloccano di nuovo ogni iniziativa del goveno in Europa.