Le dichiarazioni di Draghi, a proposito dei diritti delle persone di origine straniera, poche righe e molto generiche, sembrano indicare una continuità con il precedente governo, in coerenza con la conferma di Lamorgese al Viminale.

Le parole pronunciate dal neo Presidente del Consiglio, più di altre dichiarazioni programmatiche di governi del passato, andranno pertanto vagliate alla prova dei fatti, soprattutto in un Parlamento nel quale l’idea stessa di maggioranza e opposizione è quasi svanita.

Citando da un lato i rimpatri e dall’altro il pieno rispetto dei diritti, il capo del nuovo governo ha voluto sottolineare una certa distanza dalle parole della destra xenofoba, che è parte della sua maggioranza. Il riferimento al Patto Europeo e alla trattativa che si farà dentro quel quadro, è rituale e alimenta ancora l’idea che la «solidarietà effettiva», richiamata nel discorso dell’ex presidente della Bce, tuteli l’interesse dei Paesi del sud, a partire dal nostro.

Purtroppo i numeri smentiscono questa rappresentazione, laddove, sia sul medio che sul lungo periodo, l’Italia, se si guarda alle domande d’asilo, e quindi alle persone accolte a carico dello Stato (ovviamente in proporzione alla popolazione), continua ad essere uno dei Paesi dell’Ue con un carico inferiore agli altri (siamo sempre intorno al quindicesimo posto, lontani dal primato di Malta, Germania, Francia, Svezia, . .).

In ogni caso, è bene ricordarlo, parliamo di numeri così piccoli da essere imbarazzanti per l’intera Ue, se si considera il numero complessivo delle persone di competenza dell’Unhcr (siamo oramai a 80 milioni nel mondo nel 2020) e il rapporto tra profughi, rifugiati e richiedenti asilo presenti e popolazione Ue (nel 2020 sono 461 mila, -31% rispetto al 2019). Le aree geaografiche che accolgono la stragrande maggioranza delle persone obbligate a lasciare le loro case continuano a essere le aree più povere del pianeta.

Su un argomento divisivo e complesso Draghi evidentemente ha scelto un profilo basso per non dare spazio a polemiche.
La battaglia adesso si gioca tutta dentro una maggioranza che ha inglobato anche l’opposizione, con parti che potranno invertirsi a seconda degli argomenti e della capacità di produrre conflitto ed egemonia. Le scelte dipenderanno dall’equilibrio che di volta in volta, sui singoli argomenti, si determinerà nel governo, nella maggioranza e nel Paese reale.

Una condizione che carica di responsabilità lo schieramento democratico e di sinistra e anche le organizzazioni di tutela e promozione dei diritti degli stranieri.
Sarebbe auspicabile che nelle prossime settimane le coalizioni dell’associazionismo che portano avanti da anni un lavoro di pressione politica nei confronti delle istituzioni, a partire dal Tavolo Asilo nazionale, incontrassero quei parlamentari che vogliono promuovere una battaglia comune per modifiche legislative che anche in questa fase vanno sostenute, a partire dalla riforma della legge sulla cittadinanza (secondo la proposta della campagna L’Italia sono anch’io e del movimento Italianisenzacittadinzae di quella della campagna Ero Straniero), e per consentire ingressi legali per lavoro e ricerca di lavoro.

Una relazione tra associazionismo e parlamentari che nei prossimi mesi può essere determinante nell’orientare il dibattito pubblico e le scelte del governo, ma anche per monitorare la concreta applicazione delle disposizioni dei mesi scorsi, a partire dalle modifiche ai decreti sicurezza.
Il Viminale, a riguardo, gioca un ruolo delicato e la coalizione PD, 5Stelle e LeU deve fare il possibile per impedire ai leghisti di occupare uno spazio per loro vitale ma che per il Paese potrebbe rivelarsi letale se lasciato in mano alla propaganda razzista.

Garantire che non si torni indietro sui risultati importanti ottenuti durante il Conte2 e presidiare alcuni dossier delicati, come quello del salvataggio in mare e del rispetto dei diritti umani alle frontiere, è un obiettivo che va perseguito con forza, senza lasciare alcuno spazio alle destre e all’ideologia sovranista.