La Commissione europea ha invitato di nuovo ieri i paesi membri ad applicare la «solidarietà» e accettare la redistribuzione dei migranti sbarcati in Italia e Grecia – le cosiddette «quote», al massimo 40mila persone – ma è facile prevedere che al prossimo Consiglio Giustizia e Affari interni, dove la questione dovrà venire discussa, le opposizioni saranno forti. Ne è un esempio la forte polemica di questi giorni a Parigi, dopo lo sgombero violento di lunedì sera di un accampamento di fortuna di fronte a una biblioteca nel XVIII arrondissement, dove si erano riuniti circa 200 dei migranti che il 2 giugno erano stati espulsi, allora senza ricorrere all’uso della forza, dalla tendopoli improvvisata sotto il métro aereo della stazione La Chapelle.

La sinistra è insorta contro i metodi del governo e il Difensore dei diritti, Jacques Toubon, ha aperto un’inchiesta sull’azione della polizia. Ma ormai, come sottolinea la segretaria di Europa Ecologia, Emmanuelle Cosse, «il dibattito è guidato dal Fronte nazionale». Il ministro degli interni, Bernard Cazeneuve, accusa la sinistra di «demagogia» e di «irresponsabilità», per aver sostenuto che il governo Valls si comporta oggi come aveva fatto il predecessore di destra Alain Juppé nel 1996, cacciando i rifugiati della chiesa Saint-Bernard.

Ieri, c’è stata una riunione ristretta attorno a Hollande sulla crisi dei rifugiati, ai margini del consiglio dei ministri. È stata esaminata la proposta della sindaca di Parigi, la socialista Anne Hidalgo, che pensa di aprire un «centro» nella capitale per accogliere temporaneamente i rifugiati: potranno restare una quindicina di giorni, riposarsi dopo il viaggio infernale (molti vengono dagli sbarchi in Italia), e decidere se intendono presentare domanda d’asilo in Francia, possibile per eritrei, siriani e anche in qualche caso per somali o sudanesi (molti considerano però la Francia una terra di passaggio, perché vogliono raggiungere famiglia o amici in altri paesi del nord Europa). Per gli altri, per chi non sarà considerato un avente diritto all’asilo, ci sarà comunque l’espulsione. Ma la destra già urla contro l’ipotesi di un «Sangatte» parigino (dal nome del centro della Croce rossa a Calais, smantellato da Sarkozy), Marine Le Pen, da Strasburgo, punta il dito contro un governo che abbandona i francesi e trova i soldi per gli stranieri irregolari.

L’ex ministra verde, Cécile Duflot, scrive in un intervento su Le Monde che la «nostra politica dell’immigrazione è una Waterloo morale» e chiede agli «umanisti» di «rialzare la testa», perché «la follia di politiche migratorie indecenti e mortifere sia impedita». Per Pierre Laurent, segretario del Pcf, l’intervento della polizia alla Halle Pujol lunedi’ sera è stato “un atto di autorità senza prospettive per nessuno”. Ma è molto difficile che il governo Valls cambi posizione.

Manuel Valls, ex ministro degli interni, ha fatto della «fermezza» la sua marca identitaria. E in questi giorni è sulla difensiva per la polemica suscitata dalla leggerezza con cui è volato a Berlino, su un Falcon di stato, sabato scorso, per vedere la finale Barça-Juventus (portandosi dietro anche due dei suoi tre figli, Valls è nato a Barcellona ed tifoso della squadra catalana). Valls si è poi infilato in una spirale di giustificazioni, ha fatto anche intervenire a suo favore Michel Platini, che ha confermato che c’è stato “un incontro” a Berlino con la Uefa per preparare l’Euro 2016, che avrà luogo in Francia. Lo scandalo Barça si aggiunge alla più seria opposizione, anche interna al Ps, all’ultima decisione in campo economico: concessioni alla piccola e media impresa, una specie di Jobs Act alla francese, con conseguenti limitazioni dei diritti dei lavoratori, immolati sull’altare del «rilancio dell’occupazione» (un milione di disoccupati in più da quando Hollande è presidente, ormai più di 5 milioni).