Terra brulla, sterpaglie, rocce e un confine. E migliaia di persone, con sé nulla se non pezzi di cartone da poggiare a terra per riposare e buste di plastica rossa per portarsi dietro l’indispensabile. Sono etiopi, migranti, almeno 10mila secondo le stime tra cui donne e bambini, bloccati da giorni al confine tra Yemen e Arabia saudita, nel nord del paese del Golfo martoriato dal 2015 da una guerra brutale.

Sono gli ultimi degli ultimi, i migranti arrivati dal Corno d’Africa e diretti verso le ricche petromonarchie. Alcuni di loro erano riusciti a entrare in territorio saudita, ma sono stati deportati. Si trovano nella valle di Al-Raqou, nel governatorato settentrionale di Sadaa controllato dai ribelli Houthi. È qui, ci spiega una fonte locale che chiede l’anonimato, che i migranti africani transitano con l’aiuto – a pagamento – dei trafficanti di uomini.

In tempi «normali» quando è «solo» la guerra a devastare lo Yemen i passaggi sono difficili ma possibili. Ora no. Al conflitto si è aggiunta la pandemia di Covid-19 e i confini sono più sorvegliati del solito. L’Arabia saudita non li fa entrare, in Yemen non riescono a tornare.

Da giorni sono bloccati alla frontiera, senza aiuti. Ne sono già morti, ci dice la nostra fonte, almeno quattro di loro uccisi dal fuoco sparato dalle guardie di frontiera saudite, 15 i feriti. Si sarebbero registrati anche bombardamenti, ma non è stato possibile verificarlo.

I migranti etiopi bloccati nella valle di Al-Raqou, tra Yemen e Arabia saudita

 

Di dichiarazioni ufficiali ce ne sono poche. Le autorità locali Houthi hanno mandato squadre a verificare le condizioni dei migranti e parlano di situazione miserabile, mancano cibo e ripari. Ha parlato anche Turki al-Maliki, colonnello saudita a capo della coalizione anti-Houthi messa in piedi da Riyadh cinque anni fa contro i ribelli Houthi: ai media sauditi ha descritto una fantasia, un esercito di poveracci mandati con la forza dagli Houthi ad attaccare il confine.

«Un video mostra la milizia che costringe questi migranti a dirigersi verso il Regno – ha detto al-Maliki – Gli Houthi vogliono alimentare la paura dell’opinione pubblica saudita sulla diffusione del coronavirus. In ogni caso, affrontiamo questi infiltrati o migranti secondo i principi umanitari e le leggi del Regno».

Lo ribadisce il sito filo-saudita Yemen News Gate che accusa gli Houthi di aver sparato sui migranti africani per spingerli verso la frontiera: «La milizia ha costretto folle di centinaia di migranti africani, la maggior parte somali ed etiopi, a stabilirsi nella valle di Al-Raqou», scrive in un articolo di pochi giorni fa. E aggiunge: «Il contrabbando di africani è un processo organizzato per destabilizzare la sicurezza dell’Arabia saudita».

Nonostante la guerra che ha provocato una delle peggiori catastrofi umanitarie moderne, lo Yemen resta terra di transito per chi fugge dalla fame: dal Corno d’Africa sono partite oltre 150mila persone nel 2018, 107mila nel 2019. Per lo più etiopi, ma ci sono anche somali e sudanesi.

A febbraio di quest’anno, secondo dati dell’Oim, sono arrivati in Yemen poco meno di 10mila migranti africani ed è possibile che lo stesso numero valga anche per marzo.

Ma in questo periodo partire è molto più difficile, il Covid-19 è riuscito nell’impresa di chiudere i confini. Ci riesce anche la guardia costiera del sud dello Yemen, controllato dal governo filo-saudita del presidente Hadi: le forze armate, addestrate da Riyadh, pattugliano la costa per impedire l’arrivo dei barchini.

Chi arriva non è sottoposto a controlli sanitari, quasi inesistenti, e tenta il viaggio verso nord fermandosi a dormire nei quartieri poveri, in edifici distrutti o agli angoli delle strade.

Tradizionalmente ospitali, le comunità yemenite ora hanno paura. Ci riportano di tensioni sorte nell’ultimo periodo, accese dal timore di una diffusione del Covid-19 di cui i migranti sono assurdamente considerati il veicolo principale.

Le autorità locali, del nord e del sud dello Yemen, hanno preso misure di contenimento mettendo in quarantena per due settimane decine di migranti dentro i campi di detenzione, dove l’affollamento e l’assenza di prodotti per l’igiene sono la regola e il distanziamento sociale un miraggio.