Gli ultimi li hanno salvati durante la notte al largo di Malta. Quasi 400 migranti su un’imbarcazione di legno ormai arrivata alla fine, con l’acqua del mare che aveva già invaso i due ponti. Quando la nave Rise Above della ong Lifeline è arrivata sul posto, seguita poco dopo dalla Sea Eye 4, molte persone erano già in acqua senza giubbotto di salvataggio. Un intervento disperato che si è concluso dopo mezzanotte con il trasbordo di tutti i naufraghi sulla più capiente Sea Eye 4 sulla quale adesso si trovano 800 migranti. Altri 245, invece, sono stati tratti in salvo dalla Ocean Viking di Sos Mediterranée. In tutto più di mille persone, tra le quali anche molte donne e molti bambini, che adesso si trovano davanti Lampedusa e chiedono di poter sbarcare. «Possono venire da noi, siamo pronti ad accoglierli», si è offerto ieri il sindaco di Palermo Leoluca Orlando senza ricevere risposta. Come risposte non sono arrivate dal Viminale alla richiesta avanzata dalle due ong di un porto sicuro dove mettere fine al soccorso dei migranti.

Il silenzio delle istituzioni riaccende i riflettori sull’inerzia con la quale l’Unione europea non affronta l’emergenza migranti dando così mano libera a chi, come Malta, volta continuamente le testa di fronte alle richieste di aiuto che arrivano dalle imbarcazioni in difficoltà. «Il comportamento delle autorità europee ha quasi aspetti criminali», ha accusato ieri il portavoce di Lifeline, Alex Steier, commentando la decisione della Valletta di non rispondere alle richieste di aiuto lanciate dal barcone di legno che stava affondando nella sua zona Sar. «Le responsabilità sono inequivocabili e chiaramente regolamentate», ha proseguito invece Steir. «Il motivo per cui gli Stati se le assumono e consapevolmente abbandonano gente in pericolo di vita è il fatto che non rischiano di essere perseguiti dalla Corte penale internazionale». «Il salvataggio di 400 persone ha richiesto molte ore e molte persone sono cadute in acqua», ha dichiarato invece Alarm Phone, la ong che due giorni fa ha lanciato l’allarme sul barcone in difficoltà. «Le persone non dovrebbero essere costrette a rischiare la vita per aggiungere l’Europa».

Fino a ieri sera da Roma non era ancora arrivata nessuna indicazione di un porto sicuro agli equipaggi di Sea Eye 4 e Ocean Viking. «Abbiamo navi di ong che hanno tanti migranti a bordo. E’ gusto che si salvino, ma è ingiusto che sia solo l’Italia a farlo», ha spiegato in mattinata la ministra Luciana Lamorgese. La titolare del Viminale risolleva la questione della mancata riforma del regolamento di Dublino, secondo il quale la responsabilità dei migranti spetta al Paese di primo approdo. «Siamo in un periodo di emergenza pandemia e quindi di difficoltà organizzative – ha proseguito la ministra -. Parlerò con la commissaria dell’Unione europea Ylva Johansson affinché vi sia maggiore partecipazione di altri Paesi per una giusta redistribuzione non solo delle persone bisognose di protezione internazionale». Lamorgese ha affrontato la questione anche con il Commissario Ue alla Giustizia Didier Reynders che ha incontrato al Viminale.

Aspettando che l’Europa si muova bisognerebbe però garantire u approdo sicuro a quanti si trovano sulle navi. Anche perché la soluzione del problema appare ancora molto lontana. Nonostante le promesse fatte al premier Mario Draghi durate il consiglio europeo di fine ottobre, Bruxelles non ha alcuna intenzione di parlare di migranti almeno fino a dopo che si saranno svolte le lezioni francesi. Tutto rimandato al prossimo anno, dunque, di un coinvolgimento di tutti e 27 gli Stati. Al momento l’unica ipotesi sul tavolo prevede infatti la creazione di una piccola Schengen composta dai soli Paesi disposti ad accogliere i richiedenti asilo.