I toni battaglieri con cui solo la settimana scorsa minacciava di chiudere i porti italiani se l’Europa non si fosse decisa ad accogliere i migranti, appartengono già al passato. Al punto che Renato Brunetta quasi li rimpiange: «Ministro Minniti torni quello che era qualche giorno fa, apra una crisi con l’Europa e avrà con sé il parlamento intero», dice il capogruppo di Forza Italia intervenendo alla Camera dopo il titolare degli Interni.
E in effetti c’è da chiedersi dove è finita la sicurezza mostrata dal governo quando ancora pensava di poter convincere i partner europei – magari anche con le minacce – a condividere il peso degli arrivi dei migranti nel nostro paese. Il rifiuto di Francia e Spagna prima, e poi il piano d’azione della Commissione europea che concede poco o niente alle richieste italiane, hanno evidentemente convinto Viminale e Palazzo Chigi dell’opportunità di abbassare i toni.

E in effetti nelle comunicazioni che nel pomeriggio fa prima alla Camera e in seguito al Senato Minniti pesa bene le parole. Non a caso parlando del vertice dei ministri degli Interni Ue che comincia oggi a Tallinn sottolinea ben due volte come si tratti di un summit «informale». Quasi a voler mettere le mani avanti anticipando che, probabilmente, sarà difficile che dall’Estonia possano arrivare buone notizie.

Rispetto ai giorni scorsi, è un Minniti decisamente sulla difensiva quello visto ieri in parlamento. Il titolare del Viminale rivendica giustamente i numerosi salvataggi in mare compiuti dall’Italia ma spiega anche come dall’inizio dell’anno a oggi i migranti sbarcati siano ormai più di 85 mila, con un incremento del 18,4% rispetto allo stesso periodo del 2016. Numeri che hanno portato l’ambasciatore italiano a Bruxelles Maurizio Massari a muoversi con la Commissione europea prospettando la possibilità di un blocco degli scali per le navi delle Ong straniere. Per poi arrivare al minivertice di domenica scorsa a Parigi tra Minniti e i colleghi francese e tedesco. «Un incontro difficile, impegnativo – spiega il ministro alla Camera – ma era importante che un gruppo di paesi europei avesse una posizione comune da adottare al vertice di Tallinn». Risultato raggiunto? «E’ stato fatto un piccolo passo, ma un passo», riconosce Minniti ammettendo implicitamente che ci si poteva aspettare di più.
A questo punto è chiaro che oggi l’Italia sarà praticamente sola a Tallinn nel chiedere una regionalizzazione dei salvataggi, lavorando anche sulla riscrittura delle norme che regolano la missione europea Triton. «E’ difficile pensare che ci possa essere una missione internazionale di salvataggio ma poi l’accoglienza viene fatta in un solo paese», aggiunge.

La condivisione dei migranti salvati in mare è un punto decisivo per i governo ma sarà diffile che trovi ascolto in Europa. Francia e Spagna hanno già detto come la pensano. Stessa cosa l’Austria, nonostante la marcia indietro fatta ieri sul Brennero, mentre i Paesi dell’Est sono da sempre contrari ad accogliere i migranti. Minniti dovrà dunque faticare per convincere i colleghi europei a un ripensamento. Meglio per tutti quindi – Italia compresa – spostare l’attenzione sulle navi delle Ong impegnate nel Mediterraneo e alle quali si deve il 34% dei salvataggi. L’Italia sta preparando le regole del nuovo codice al quale dovranno attenersi in futuro e basato su un maggior coordinamento tra le organizzazioni umanitarie e la guardia costiera libica per i salvataggi nelle acque territoriali di Tripoli, ma anche sull’obbligo d avere a bordo un agente di polizia, cosa che dovrebbe risultare utile nelle azioni di contrasto dei trafficanti di uomini.

Infine la Libia. Il piano della Commissione Juncker prevede la costituzione di un coordinamento dei soccorsi marittimi a Tripoli, scelta che quando diventerà operativa sottrarrà la gestione delle operazioni alla Guardia costiera italiana, almeno per i salvataggi in acque libiche. Tutto operò è inutile se non si arriva a una stabilizzazione del Paese. «Da lì arriva il 97% delle persone che sbarcano in Italia, ed è lì che dobbiamo intervenire», prosegue il ministro. «Ma la Libia non è la Turchia, la Libia è fragile, instabile e questo rende tutto più difficile». Minniti ricorda infine come la Commissione Ue abbia stanziato 150 milioni di euro da destinare al paese nordafricano per il 2017 e altri 200 per il 2018. «Ma non basta», dice. «C’è una sproporzione evidente tra quello che si è investito per la rotta balcanica (i sei miliardi di euro promessi alla Turchia, ndr), e quello che si sta investendo oggi nel Mediterraneo, ed è incomprensibile». Oggi a Tallinn forse verrà promesso qualche finanziamento in più. Ma al momento è tutto che l’Italia può sperare di ottenere.