Rompe il silenzio Giuseppe Conte. Dopo giorni in cui la politica del governo sull’immigrazione è di fatto decisa dal M5S, finalmente interviene il premier ma lo fa solo per andare dietro alla linea dura imposta dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio. «Non possiamo tollerare che si entri in Italia in modo irregolare, dobbiamo intensificare i rimpatri» spiega da Cerignola, in provincia di Foggia, dove si trova per partecipare a un’iniziativa contro la criminalità. «Abbiamo fatto una riunione con i ministri Di Maio, Lamorgese, Guerini e De Micheli, stiamo lavorando per evitare che i traffici possano continuare».

Il riferimento è principalmente alla Tunisia, dove l’emergenza Covid ma soprattutto una pesante crisi economica stanno spingendo anche le famiglie alla fuga. Ieri il presidente tunisino Kais Saied si è recato insieme al premier incaricato e ministro uscente dell’Interno Hichem Mechichi, a Sfax, una delle città della costa dalla quale parte il maggior numero di migranti. E qui hanno deciso di intensificare i controlli aumentando il numero di motovedette a disposizione della Guardia costiera. Un modo per rispondere alle pressioni dell’Italia, che chiede maggiore collaborazione nel fermare i migranti, e alla minaccia di blocco dei fondi della cooperazione fatta da Di Maio.
Più che gli sbarchi, per il governo giallorosso – Pd compreso – la vera emergenza riguarda però le prossime elezioni regionali. E l’immigrazione è il tema che Conte, e con lui Di Maio e Zingaretti, sanno che potrebbe consentire a Matteo Salvini di risalire nei sondaggi riprendendo fiato in un momento di difficoltà per la Lega. Da qui la decisione di inasprire i toni per un fenomeno che tutto è tranne che un’emergenza. Stando ai dati del Viminale, dal primo gennaio a 3 agosto sono 14.438 i migranti sbarcati, di più rispetto ai 3.920 del 2019, ma comunque un numero che un Paese come l’Italia dovrebbe saper gestire senza problemi. Per non parlare dell’Europa. Sempre Di Maio ieri ha chiamato il commissario Ue per l’allargamento Olivér Varhellyi per discutere della situazione degli sbarchi dalla Tunisia ma anche per chiedere a Bruxelles di stilare una lista di Paesi sicuri in modo da accelerare i rimpatri. «Come ha fatto anche l’Italia», ha specificato il titolare della Farnesina.
Da almeno cinque anni l’Ue discute della possibilità di redigere una lista europea di Paesi sicuri (ne parlò nel 2015 l’allora presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker) senza però approdare a nulla. Intanto perché la convenzione di Ginevra stabilisce che le richieste di asilo devono essere vagliate singolarmente a prescindere dal Paese di origine. In secondo luogo perché la stessa Convenzione ritiene illegittimi i respingimenti collettivi. E anche se questo non ha impedito ad alcuni Stati membri di stilare proprie liste in Europa una proposta in tal senso della Commissione Ue è stata prima collegata al Regolamento procedure fermo in Consiglio Ue e infine, il 20 giugno scorso, ritirata dalla Commissione Ue.

A rendere il cima ancora più caldo c’è poi la questione Covid. Ogni migrante che sbarca in Italia viene sottoposto a test e alla quarantena e chi viene trovato positivo isolato da tutti gli altri. Misure alle quali si aggiunge l’arrivo di nuove navi per la quarantena, ma che rischiano di essere invalidate dalle fughe avvenute nei centri di prima accoglienza. «Addirittura ci sono migranti che tentano di sfuggire alla sorveglianza sanitaria. Non ce lo possiamo permettere», ha detto ieri Conte.