Hanno tenuto d’occhio l’azienda agricola con i droni, ieri i carabinieri e l’Ispettorato del lavoro hanno arrestato in flagranza, e messo poi ai domiciliari, tre imprenditori di Spinazzola (sul versante occidentale delle Murge Pugliesi), proprietari dell’impresa di famiglia, con l’accusa di sfruttamento della manodopera più 73mila euro di sanzioni amministrative. I militari li hanno scoperti perché fin dall’alba si registrava un intenso via vai di braccianti a bordo di mezzi di fortuna. Al momento dell’ispezione erano presenti una decina di lavoratori fra italiani e africani. Le condizione che dovevano sopportare erano brutali: 9 ore al giorno sui campi o nelle serre col caldo di agosto, una paga oraria di 3,80 euro invece dei 9,60 previsti dal contratto nazionale.

Per nascondere la sproporzione fra orari e salari, veniva alterato il Lul, cioè vecchio libro paga, dove erano registrate 15 giornate invece delle 30 effettivamente prestate ogni mese. I braccianti venivano reclutati fra coloro che avevano maggiore bisogno, ad esempio perché con il permesso di soggiorno in scadenza. Alcuni vivevano sul posto, in un locale di 20 metri quadrati: un cubo di cemento, senza riparo dal sole, senza elettricità e senza servizi igienici. Le prestazioni erano monitorare con un sistema di telecamere installate dai datori di lavoro. L’agosto scorso nel barese vennero arrestati due titolari di un allevamento di ovini e suini a Poggiorsini: pagavano 70 centesimi l’ora (il contratto collettivo prevede almeno 10 euro) due immigrati che lavoravano per 12 ore al giorno senza riposi né ferie. Otto giorni fa, ancora a Spinazzola, altri arresti per gli stessi abusi.

Nelle campagne si continua a lavorare in nero: la regolarizzazione dei braccianti, voluta dal governo e in particolare dalla ministra Teresa Bellanova, avrebbe dovuto portare all’emersione dello sfruttamento ma è un flop. La scadenza per fare domanda è il 15 agosto. Gli ultimi dati ufficiali sono aggiornati al 31 luglio: le domande di regolarizzazione (nei settori dell’agricoltura, del lavoro domestico e dell’assistenza alla persona) ricevute dal Viminale sono state 159.991, di cui 11.397 in corso di lavorazione. L’87% è per colf e badanti (128.719), il 75% di quelle in lavorazione (8.598) riguarda gli stessi due settori. Il lavoro subordinato, invece, copre solo il 13% delle domande già perfezionate (19.875) e il 25% di quelle in lavorazione (2.799). La Lombardia ha il record di colf e badanti (36.283), la Campania per il settore agricolo (5.134). Rispetto al paese di provenienza del lavoratore, ai primi posti risultano l’Ucraina, il Bangladesh e il Marocco per colf e badanti; l’Albania, l’India e il Marocco per il settore agricolo e l’allevamento.

Presidio a Roma ieri di Usb e Movimento Migranti e rifugiati. Il sindacato spiega: «I ministeri competenti aveva stimato in 200mila il numero di lavoratori stranieri dell’agricoltura potenzialmente emergenti con il decreto. Invece appena il 5 o 6% dei braccianti senza permesso, forse anche meno, potrà usufruire del decreto, per tutti gli altri resta il supersfruttamento».

Abdel El Mir lavora allo sportello del Movimento migranti di Napoli: «Da noi sono venuti in circa 1.500 tra lavoratori domestici e agricoli, quelli che hanno potuto fare richiesta solo 150. Molti imprenditori nascondono il loro reddito al fisco e di conseguenza non possono chiedere la regolarizzazione. Poi ci sono i truffatori, che offrono contratti falsi per 5mila euro, documenti che poi non superano i controlli. Il 25 agosto avremo un incontro con i rappresenti del governo. Chiederemo la proroga della scadenza e il permesso di lavoro di emergenza». Cioè una regolarizzazione non legata a specifici settori e neppure ai documenti, che consenta l’accesso alla Sanità in tempo di pandemia.