Partorire di nascosto in un sacco a pelo, ai margini di un bosco e in un territorio militarizzato. E’ successo a una donna che, assistita dal marito e dal figlioletto di quattro anni, nascosta tra gli alberi ha dato alla luce un bambino con il terrore di essere scoperta dai soldati.

SUCCEDE anche questo in Polonia, Stato dell’Unione europea, se si ha la sfortuna di essere una famiglia di migranti bloccata al confine con la Bielorussia. Il cordone ombelicale è stato legato con un laccio, poi tagliato con i denti. Se la mamma e il neonato ce l’hanno fatta è solo grazie all’intervento di alcuni attivisti medici che perlustrano i boschi a ridosso della frontiera per assistere i migranti in difficoltà.

Nessuno ha il diritto di entrare in questa foresta di confine, dove migliaia di esuli si nascondono in condizioni disastrose. Di notte le temperature scendono a 6 gradi sotto zero e peggiorano ogni giorno che passa. Anche se mancano dati certi, si sa che molte persone sono morte per ipotermia. Quanti uomini, donne e bambini sono stati uccisi in questo modo? Sì, uccisi, perché è il divieto di soccorrerli la causa diretta della loro morte. Bisogna chiamare le cose con il loro nome.

Il bambino nato nella foresta è stato fortunato: i soccorritori lo hanno portato in ospedale con la sua famiglia. Lì, grazie alla presenza di attivisti, avvocati volontari e giornalisti, la richiesta di protezione dei suoi genitori non è stata gettata nella spazzatura, come spesso accade. E sono stati collocati in un campo per richiedenti asilo.

Molti altri bambini – molti, di tutte le età – non sono stati così fortunati. Come testimoniano i medici e gli attivisti presenti vicino al confine, dopo le cure d’urgenza (cambio di vestiti, scarpe, perché molti sono scalzi, in gravi condizioni per l’umidità e il freddo), dopo aver bevuto acqua e aver mangiato una zuppa – spesso l’unico pasto da diversi giorni – queste famiglie vengono riportate in camion coperti da teloni nella foresta dalle guardie di frontiera. Ufficialmente dovrebbero passare la notte in un centro per rifugiati, ma dopo poche ore vengono rilasciate vicino al confine con la Bielorussia. Un trattamento che non ha risparmiato neanche un bambino di 18 mesi con i piedi avvolti in sacchetti di plastica. Nessuna pietà per uomini, donne incinte, bambini piccoli, adolescenti, anziani, bambini disabili… tutti nella foresta ghiacciata nel cuore della notte.

MA NON SI TRATTA di respingimenti, perché questa espressione implica il ritorno in un luogo dove gli esuli possono riorganizzarsi, nutrirsi, riposare e curare le proprie ferite. Qui invece le persone sono circondate da soldati polacchi e bielorussi che si fronteggiano. Le dimostrazioni di forza militare non sono solo intimidazioni. Le pistole sono reali, così come il filo spinato. Feriscono e tagliano la carne, non importa se di un bambino, di una donna o di un uomo quando vengono spinti oltre il confine.

Qui i rifugiati sono usati come la posta in gioco di un conflitto crescente. Il governo di Minsk non permette loro di tornare indietro. Passano giorni, notti, settimane, mesi ormai all’addiaccio, senza cibo né acqua. Tra questi, una percentuale di bambini mai vista prima.

COSA STANNO facendo i politici? Li abbiamo scelti in modo che possano proteggere tutti coloro le cui vite sono in pericolo nel nostro Paese, compresi quanti sono intrappolati lungo il confine. Cosa stanno facendo per fermare queste torture? Perché di questo si tratta. Facciamo previsioni, analizziamo la situazione, i problemi, le strategie e intanto gli esuli con le loro famiglie o da soli supplicano l’Europa di intervenire perché sono in pericolo di vita.

I MEDICI che intervengono nelle zone limitrofe della Foresta Maledetta sono allo stremo, in difficoltà di fronte a questo disastro umanitario e a questa politica criminale del governo polacco che vieta di prestare soccorso ai migranti, in flagrante violazione della convenzioni sui rifugiati. In Polonia le persone vengono cacciate come selvaggina, senza pietà, con i bambini costretti a mangiare radici nella speranza di placare la fame. Di notte alcuni osano bussare alle porte delle rare case che si trovano nelle vicinanze. Alcuni abitanti – i Giusti del 2021 – li aiutano di nascosto perché il governo ha annunciato pene detentive per chi soccorre i migranti invece di informare le autorità. Il sindaco di Michałowo, capo di un comune che aiuta in modo esemplare, è già stato minacciato di essere processato per le sue azioni umanitarie.
La retorica sulla sicurezza, tanto cara ai politici che alimentano la paura di un’invasione di stranieri, ha funzionato bene. Siamo riusciti a desensibilizzare gli europei sul destino dei giovani in esilio.

IN POLONIA questa situazione era già stata sperimentata lo scorso agosto quando 32 persone, circondate da soldati polacchi (guardie di frontiera, agenti di polizia e militari) hanno trascorso più di 4 settimane senza tende, senza riparo, senza cibo, senza acqua, né assistenza medica. Presi i trappola e costretti persino a defecare sotto lo sguardo delle guardie.

Tutto questo era una prova. Per un mese, sotto lo sguardo dei media, abbiamo potuto vedere intorno a questo gruppo di prigionieri la mobilitazione della società polacca. C’erano molti attivisti, un gruppo di medici sempre più numeroso, alcuni parlamentari e una visita di due (solo DUE!!!!) uomini delle chiese cattolica e protestante. Attenzione, non alti dignitari, piuttosto “ribelli”. Tutto questa mobilitazione è finita all’inizio di settembre, quando le autorità hanno annunciato lo stato di emergenza e i media con attivisti e medici sono stati evacuati. Perché? Basterebbe revocare il divieto di aiutare i migranti per salvarli tutti. Le autorità polacche devono consentire alle organizzazioni umanitarie di svolgere il proprio lavoro. E i soldati devono fermare le deportazioni delle persone che sono riuscite a entrare in territorio polacco, perché ciò equivale a ucciderle. Ci sono dei civili in pericolo. Abbiamo l’obbligo di salvarli.
*Sociologa, professoressa all’European University Insitute (Eui) di Firenze