75 migranti morti in un naufragio. 420 salvati dalla Guardia costiera italiana. 193 a bordo della Sea-Watch. Sono i numeri che arrivano dal Mediterraneo centrale. Il caso più drammatico risale a mercoledì scorso, ma è stato confermato ieri dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim). In 75 hanno perso la vita al largo delle coste libiche di Zuara, 15 i sopravvissuti salvati da alcuni pescatori. Sono loro ad aver raccontato l’ennesima strage al personale Oim. «Questo è il costo dell’inazione», ha scritto su Twitter la portavoce a Ginevra Safa Msehli. Dall’inizio dell’anno sono almeno 1.300 le vittime della rotta centrale. «Almeno», perché ci sono vite inghiottite dall’acqua che non lasciano traccia e dunque non rientrano nelle statistiche ufficiali.

Un barcone con 70 persone è stato invece soccorso nel tardo pomeriggio di ieri dalla Guardia costiera, a sud-est di Lampedusa. Tutti i naufraghi sono stati portati al sicuro sulla maggiore delle Pelagie. L’allarme era stato lanciato venerdì alle 16 dal centralino Alarm Phone, che riceve e diffonde le richieste d’aiuto dei migranti. Per molte ore si è temuto il peggio. La notizia del soccorso è stata diffusa intorno alle 20 dal giornalista di Radio Radicale Sergio Scandura.

Lo stesso Scandura aveva scoperto venerdì pomeriggio che a est di Portopalo, nello Ionio, c’era un’altra barca in pericolo. Il giornalista traccia gli assetti aerei e navali nel Mediterraneo centrale e seguendo la rotta del Beech 200 di Frontex aveva individuato un probabile evento Sar. Durante la notte ha mostrato con un altro tracciamento la presenza nella stessa aerea di quattro navi commerciali impegnate a cercare qualcosa. Le imbarcazioni si sono allontanate ieri in tarda mattinata. Alle 18.21 Scandura ha reso noto che 350 persone erano state salvate dalla nave Dattilo della Guardia costiera. Il giornalista ha criticato la mancanza di informazioni ufficiali che «da decreto ministeriale dovrebbero essere fornite con tempestività e regolarità». I dettagli sono arrivati in serata con un comunicato della Guardia costiera che ha confermato il maxi soccorso, andato avanti per diverse ore e realizzato in condizioni marine molto complesse a 70 miglia dalle coste siciliane, nella notte tra venerdì e sabato. Sulla scena anche un aereo del corpo e un velivolo di Frontex. Tra i naufraghi 40 minori. Sbarcheranno tutti a Porto Empedocle.

Altri 193 migranti sono invece al sicuro a bordo della Sea-Watch 4. L’ultimo soccorso lo ha realizzato ieri: 73 persone viaggiavano su un gommone in difficoltà. Tra loro 20 bambini e 13 donne, di cui sette incinte. «Abbiamo bisogno al più presto di un porto dove sbarcare», afferma l’Ong. Nei giorni scorsi la nave umanitaria ha compiuto altri due salvataggi. Al termine di una delle operazioni è stata avvicinata da una motovedetta di Tripoli che ha minacciato l’equipaggio. «Qui la marina libica, spegnete il motore o vi spariamo», si sente in un video diffuso in rete. E ancora: «Cambiate rotta e andatevene. Vi seguiamo per liberare l’area. Dovete uscire dalle 70 miglia nautiche». Le acque territoriali, però, terminano a 12 miglia dalla costa e in quel momento la nave umanitaria si trovava in mare libero. L’unità libica ha rifiutato di identificarsi, come previsto dalle norme.

Intanto le 186 persone soccorse dalla Geo Barents di Medici senza frontiere sono sbarcate a Messina. La nave è arrivata nel porto siciliano venerdì. A bordo anche le salme di 10 ragazzi uccisi dalle esalazioni di benzina nella stiva del barcone con cui avrebbero voluto raggiungere l’Europa.