Libri spariti. Libri cancellati in cambio di qualche dollaro (o euro). Da spendere poi per acquistare qualche gioco online. Meglio, ad esser più precisi: per risparmiare sull’acquisto di qualche gioco online.

DI CHE SI TRATTA? Di una notizia passata un po’ sotto silenzio dai media nostrani, tranne qualche sito specializzato: dal primo luglio i libri digitali, gli ebook acquistati dalla libreria online della Microsoft, e regolarmente pagati, spariranno dai tablet degli acquirenti. Loro, quelli che li hanno comprati, semplicemente non potranno più aprirli, leggerli. Non li avranno più. Spariti. In cambio, avranno indietro i soldi spesi. Se poi – come ormai consentono un po’ tutti gli ebook – i lettori avevano preso appunti, avranno scritto note in quella paginetta bianca che in genere appare alla sinistra del testo, avranno 25 dollari in più. Da spendere però sempre negli store della Microsoft. Dove potranno acquistare programmi o giochi. In ogni caso, anche i loro appunti spariranno per sempre.

Succede perché il colosso di Redmond due anni fa – all’epoca del lancio del suo ennesimo sistema operativo e del suo nuovo browser – decise di accompagnare la campagna pubblicitaria con l’apertura di una grande libreria virtuale. Nello store della Microsft non è stato mai indicato quanti titoli fossero in vendita ma la homepage del negozio diceva – e ironia, dice ancora – che lì chiunque avrebbe trovato qualsiasi titolo avesse cercato.

Le cose – come spesso accade in casa Microsoft – sono andate diversamente da come previsto. Ed in soli due anni, il colosso s’è reso conto che la libreria non rendeva. Da tempo, nel settore, si sono affermati altri marchi, più attrezzati, più innovativi. In qualche caso addirittura più attenti alle esigenze dei lettori. E così, come vuole la logica delle multinazionali, si chiude: ad aprile, con tanto di comunicato stampa, il gruppo ha annunciato che da luglio sarebbero stati rimossi tutti i libri. Compresi quelli acquistati.

RIMOSSI, anche se il termine esatto dovrebbe essere svuotati. Perché sui tablet resterà l’iconcina dei testi comprati. Ma cliccandoci sopra non si aprirà nulla. La colpa? Dei drm, dei digital rights management. Si tratta di programmi il cui nome tradisce l’origine: sono software nati per tutelare il copyright. Funzionano così: tu credi di comprare qualcosa, un brano musicale, un film, un libro. In realtà non lo acquisti, nel senso che non ne diventi proprietario, non ne puoi disporre come ti pare. I drm ti concedono solo una licenza per accedervi ma le piattaforme mantengono il controllo sui prodotti digitali che vendono. Licenze che possono essere revocate in qualsiasi momento. Come appunto, accade ora con la libreria della Microsoft.

Va detto comunque che il caso non riguarda chissà quanti utenti: il servizio non era mai decollato e si calcola – Redmond non fornisce cifre – che la sparizione tocchi cinquanta, sessantamila libri. Per lo più acquistati negli States. Va anche detto che non è la prima volta che accade. Esattamente dieci anni fa, Amazon si rese protagonista di un episodio quasi grottesco: fece sparire dai Kindles dei suoi utenti 1984 di George Orwell. Proprio quel libro. Jeff Bezos, o chi per lui, si era accorto che non aveva i diritti per vendere copie dell’ebook. E ancora, l’anno prima, Walmart, che aveva provato a vendere file mp3 online, prima di cancellare la musica venduta – sempre per una querelle giudiziaria – consigliò ai suoi acquirenti di masterizzare i file su cd.

STAVOLTA PERÒ la situazione è diversa: non c’è nessuna denuncia allo store della Microsoft. Nessuna battaglia legale. È semplicemente una scelta dettata dal bilancio del colosso. Scelta che pagheranno tutti. Per usare le parole di John Sullivan, della Free Software Foundation: «Conosco molti studiosi che su quegli ebook hanno ragionato, studiato. E le loro annotazioni sono andate distrutte per sempre. Altro che venticinque dollari».

Pagheranno i lettori che si sono fidati di Microsoft. Ma prima o poi pagheranno tutti. Perché la vicenda rimanda a come la difesa del copyright, a come gli strumenti a difesa del copyright, inventati dai titolari dei «diritti», possano diventare pericolosi. In America, dal 1998, dall’epoca del Digital Millennium Copyright Act, almeno se ne parla. Se ne discute. All’inizio i drm erano quasi obbligatori, anche se le norme via via si sono un po’ attenuate. Ma solo per venire incontro alle esigenze di alcune imprese che ne lamentavano l’eccessiva invadenza. I bisogni degli utenti semplicemente ignorati.
Più o meno, quanto è avvenuto in Europa con l’ultima direttiva sul copyright, che fra due anni dovrà trasformarsi in legge nei singoli Stati. E dove la tutela di chi possiede – ricordiamolo: perché ha acquistato – i diritti d’autore fa sparire il diritto alla condivisione. Per ora, simbolicamente sono spariti i libri. Serve una metafora più calzante?