Ci è voluto veramente poco veder cambiare i nostri tempi da duri a strani. Anche se ad aguzzare bene la vista ciò pare più un sovrapporsi che un vero e proprio passaggio di condizione. Questo avrà pensato Giangilberto Monti nell’allestire la «ri-registrazione» dal vivo all’Auditorium Demetrio Stratos di Radio Popolare di alcuni dei suoi brani. Era la fine di gennaio 2020, un mese prima del lockdown. Nella dozzina di tracce selezionate s’intrecciano le due linee maggiori della carriera di Monti. Da una parte la linea cantautorale lombarda che da Jannacci va ad esplorare, fedelmente e da allievo a maestro, il canzoniere di Dario Fo, dall’altra c’è l’amore per la canzone francese, di cui Monti è profondo esegeta, avendole dedicato libri e album. Ecco che a chiamata arrivano: Hanno ammazzato il Mario, Stringi forte i polsi, La forza dell’amore, Monsieur Dupont. E via via scorrono con toni affabulatori i nomi di Ferré, Herbert Pagani, Fiorenzo Carpi, Enrico Medail: cinghie di trasmissione di queste canzoni che non sono puro revival, ma consapevolezza che possano parlare ad un pubblico e dire ancora qualcosa con personaggi e microstorie quotidiane in un’epoca così indecifrabilmente strana.