«Io una musa per Scelsi? È possibile. Come è certo che lui sia stato un ispiratore per me». Michiko Hirayama non nascondeva lo stretto legame artistico col compositore «eccentrico», se non addirittura «mezzo matto», come lo definivano ancora negli anni ’50 e ’60 del secolo scorso i musicisti accademici romani (ma non Cage e Feldman, per i quali era un idolo), di cui aveva interpretato il ciclo di lieder molto speciali intitolato Canti del Capricorno.

 

 

Hirayama è morta domenica scorsa. Avrebbe compiuto 95 anni il prossimo 14 luglio. Viveva a Roma dal 1957,dove era arrivata da Tokyo, la sua città natale. Quando si trasferì in Italia aveva già una carriera avviata in Giappone come cantante lirica. Ma è qui che l’incontro con Domenico Guaccero e con Giacinto Scelsi la convinse a diventare una vocalista del contemporaneo.

 

 

 

Basta ascoltarla nei Canti del Capricorno, scritti tra il 1962 e il 1972 (ma se si dice «scritti» a proposito di Scelsi si è approssimativi: lui improvvisava e poi affidava a trascrittori i nastri che aveva registrato), per capire che si era al cospetto di una cantante straordinaria.

 

 

Tra le poche nell’ultimo secolo a lasciare il segno per doti tecniche superlative al servizio di una visione eterodossa della musica e della vocalità. Si potrebbero nominare, per pari importanza, Cathy Berberian, Gabriella Bartolomei, Sainkho Namchylak. La formazione accademica (Santa Cecilia, Chigiana, Mozarteum) non si sentiva proprio. Vocalità «sporca», uso di suoni viscerali «primitivi» misti a emissioni purissime negli acuti, ricorso alla tradizione rituale orientale che diventava la più ardita sovversione sonora sperimentale.

 

 

In un concerto di musica ultra-free del trio Arashi si può ascoltare un vocalista, Akira Sakata, soprattutto solista di sax e di clarinetto, che compie un’operazione simile a quella di Hirayama in tutt’altro ambito e secondo una storia personale del tutto diversa. Tradizione rituale orientale ben avvertibile ma istantaneamente in mutazione verso la ricerca di suoni inauditi che più contemporanei non si può.

 

 

Forse il rapporto  di Hirayama con Scelsi ha un po’ oscurato le molte attività della cantante, anche come improvvisatrice. Ad esempio nell’album Compendium Musicae registrato per l’etichetta Ada con Mauro Orselli, Mauro Tiberi e Luca Miti, musicisti noti per il lavoro sul crinale tra composizione istantanea e improvvisazione pura. Sul tema Michiko diceva: «Mozart improvvisava! Schubert improvvisava! Webern improvvisava! Poi c’è chi sa improvvisare e chi no». Era una signora dal temperamento brusco. Le numerose allieve che ha avuto in Italia, tra le quali Sabina Meyer, la ricordano come didatta intransigente e illuminante.

 

Di Scelsi ha interpretato molte opere oltre ai Canti con cui si è creata una specie di identificazione, un abbinamento abituale nella testa di chi sente pronunciare il nome di Michiko Hirayama. Quattro melodie di Hô, Khoom, Sauh, Taiagarù sono alcuni dei titoli che si trovano nella sua smilza discografia.