«Enrico ritirati, falli vincere. Roma è cosa loro, se non vincono questa volta vanno fuori di testa», il colpo di teatro, un po’ mossa retorica un po’ segnale di disperazione, arriva da Ilario Di Giovambattista, direttore editoriale dell’emittente romana Radio Radio. Non si tratta di uno qualunque: è l’uomo che ha creato l’immagine di Enrico Michetti tribuno radiofonico, e che dall’inizio di questa campagna elettorale funge un po’ da metronomo delle sortite del candidato del centrodestra e spesso lo accompagna in giro per la città.

Ieri Di Giovambattista ha messo in scena uno dei suoi monologhi quotidiani per rappresentare una situazione che descrive come già compromessa a causa di un disegno volto a screditare il suo pupillo e far tornare il centrosinistra ad amministrare la capitale.

A conferme dell’esistenza di questa trama, Di Giovambattista cita anche la scoperta del manifesto (e parla dei «sorci della stampa») dell’articolo col quale Michetti nel 2020 sosteneva che «si ricorda la Shoah perché possedevano le banche». Per quel testo, dopo ore di imbarazzo e la dura presa di posizione della Comunità ebraica romana, alla fine Michetti si è scusato: «Mi rendo conto che in quell’articolo ho utilizzato con imperdonabile leggerezza dei termini che alimentano ancora oggi storici pregiudizi e ignobili luoghi comuni nei confronti del popolo ebraico». Ma il suo direttore rilancia quelle parole: «Molti ebrei sono ricchissimi e hanno la finanza in mano – dice Di Giovambattista – Sono bravi a fare lobby, è vero ma non si può dire». E poi, sempre rivolto a Michetti: «Ti hanno costretto a chiedere scusa, sono andati a ripescare una cosa che è l’esatta verità».

Intanto Virginia Raggi continua nel suo tentativo di rimanere al centro della scena anche durante la campagna elettorale per il ballottaggio dal quale è uscita esclusa, al quarto posto tra i candidati a sindaco. Ieri ha ricevuto Roberto Gualtieri in Campidoglio. L’incontro è durato quasi due ore, dunque più di quello che c’era stato giovedì scorso con Enrico Michetti. Raggi ne è uscita confermando la sua posizione: «A livello nazionale c’è intesa tra M5S e Pd – dice Raggi – Io andrò a sedere all’opposizione, assolutamente coerente col mio programma di governo in questi cinque anni». La linea della neutralità perseguita dalla sindaca uscente anche tramite le audizioni, in una forma para-istituzionale, nei suoi uffici degli aspiranti successori, mira ormai palesemente a piazzare una zeppa dentro la strategia che sta portando avanti Giuseppe Conte.

Tanto è vero che, pur avendo incontrato ieri pomeriggio il nuovo leader, Raggi ha scelto di convocare consiglieri comunali e parlamentari romani nella nuova sede nazionale del Movimento 5 Stelle in via Campo Marzio, a due passi da Montecitorio. Molti deputati non ci saranno, con la scusa che domani sono impegnati in aula fino alle 20, ma è evidente che l’incontro è destinato a essere divisivo, a rappresentare le prime adesioni alla Corrente Raggi, che al momento è soltanto un’evocazione ma che potrebbe prendere corpo nel futuro prossimo. Lei scrivendo agli eletti smentisce: «Nessuno vuole creare correnti e francamente è un’accusa che trovo pure offensiva. In tanti mi hanno chiesto di vederci e riflettere. Nei prossimi anni saremo all’opposizione e occorre fare alcuni ragionamenti. Ne ho anche parlato con Conte: occorre riorganizzarsi a livello territoriale e le liste civiche sono importantissime».

Eppure, viene fuori anche che Raggi non ha invitato alla riunione tutti quelli che hanno espresso la loro preferenza per Gualtieri, riconoscendone il lavoro fatto da ministro. Tra questi, quasi inutile a dirlo, c’è Roberta Lombardi. Che come hanno fatto nei giorni scorsi prima di lei Conte e Di Maio definisce Gualtieri «un interlocutore degno». L’assessora alla transizione ecologica della giunta Zingaretti ha invitato Raggi a «scendere dal balconcino» e a «parlare ai cittadini di Roma del progetto 5 Stelle e di quel laboratorio di convergenza con le forze progressiste».