Prima gli studenti, poi i pensionati. Ieri, in Cile, si è svolta a Santiago la Marcia dei bastoni. Oltre mille anziani hanno sfilato fino al Palazzo della Moneda per chiedere l’abbassamento dei costi del trasporto pubblico, a cui destinano quasi il 25% delle loro magre pensioni. A sostenere la manifestazione – le persone anziane costituiscono circa il 16% della popolazione – c’era anche l’ex leader degli studenti, Giorgio Jackson, ora parlamentare nel governo Bachelet. Insieme a un altro deputato, Gabriel Boric – un altro leader delle proteste che hanno messo alla corda il precedente governo di Sebastian Piñera, nel 2011 – Jackson ha proposto al Congresso di fissare un limite agli stipendi dei parlamentari, non superiore all’equivalente di 20 salari minimi.

I parlamentari cileni hanno lo stipendio più alto di tutti i paesi dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo (Ocse): 10.129 dollari in media, a fronte di un salario minimo di di 394 dollari (cifra a cui arriverà a partire dal prossimo luglio). Il progetto di legge era rimasto nel cassetto per un anno, ma durante la prima settimana di aprile, nel pieno degli scandali per corruzione e finanziamento illecito ai partiti, i due parlamentari hanno lanciato la campana «Aiutaci a svegliarla».

Su Twitter e Facebook hanno pubblicato nomi, indirizzi e compensi dei 120 componenti della Camera e a fianco la richiesta: «Verifica se il deputato del tuo distretto partecipa a questa iniziativa, altrimenti chiedigli di farsi da parte». Quanto a compensi dei deputati, il Cile supera gli Stati uniti, a seguire l’Italia, poi il Giappone, quindi la Corea del Sud e dietro la Germania. Nel 2014, in base all’indice di Gini che misura la forbice esistente tra ricchi e poveri, il Cile presentava lo 0,5, il Messico lo 0,476. E, infatti, circola la battuta di un economista messicano: «Da quando il Cile è nell’Ocse, non abbiamo più il primato delle disuguaglianze». Su questo insistono i due parlamentari, che intendono dare un segnale al paese evidenziando come la situazione in Parlamento rifletta le profonde disparità esistenti nel paese.

Nella prima settimana di aprile, sono emersi alcuni scandali che hanno coinvolto politici e imprenditori, soprattutto della destra pinochettista, ma hanno raggiunto anche la cerchia della presidente. Nell’inchiesta Caval, che riguarda presunte agevolazioni all’impresa della nuora, è stato coinvolto il figlio.

I grandi media contrari al cambiamento, hanno suonato la grancassa, pronosticando la fine per i presidenti progressisti o socialisti dell’America latina e amplificando la caduta nei sondaggi della popolarità della presidente. La destra difende strenuamente i privilegi mantenuti, e accusa Bachelet di aver «ceduto a sinistra»: verso quella sinistra di movimento che l’ha appoggiata a patto che s’impegnasse per vere riforme, e che qualcosa ha già ottenuto: dai diritti civili, al ritiro delle truppe dalla Minustah, ad Haiti (dopo la morte di un soldato), al dialogo con la popolazione mapuche, in lotta per il recupero delle proprie terre ancestrali. I nativi hanno concluso il loro terzo vertice e hanno deciso che, il prossimo 4 maggio, porteranno alla Corte di giustizia dell’Aja le loro conclusioni, e chiederanno allo stato cileno di mantenere le promesse.

In quel frangente, si discuterà anche della storica richiesta della Bolivia di avere uno sbocco al mare: un’altra questione bruciante per Bachelet, che per ora sta mantenendo un piede nelle nuove alleanze solidali dell’America latina, e un altro nell’Alleanza del Pacifico a guida nordamericana, di cui il Cile è uno dei principali puntelli, insieme a Perù, Messico e Colombia.

Secondo l’ultimo rapporto del Fondo monetario internazionale, quest’anno l’economia dell’America latina non farà faville rispetto all’anno scorso. Per il Cile, invece, si prevede una crescita del 2,7% in più. La sinistra chiede però che parte della ricchezza venga destinata a ridurre la forbice della disuguaglianza. Per questo, qualche giorno fa è tornato in piazza il movimento degli studenti. Oltre 180.000 persone hanno sfilato in diverse città: contro la corruzione e per la riforma del sistema educativo. Con gli studenti, anche lavoratori, pensionati e movimenti ambientalisti: «In questo momento di crisi del sistema politico – ha affermato Valentina Saavedra, presidente della Federazione degli studenti – ci sembra importante trovare soluzioni reali».

Durante la manifestazione, a cui è seguita una battitura di pentole durata 20 ore, ci sono stati scontri tra e polizia e gruppi radicali, e diversi feriti. «Questa democrazia – hanno scritto gli studenti – è stata costruita a misura degli imprenditori con l’unico obiettivo di dare un volto umano all’opera della dittatura. La tentazione di dire: che se ne vadano tutti, è stata forte. Ma ora è arrivato il tempo dell’inclusione».
E sono in sciopero della fame a oltranza, dal 13 aprile, anche 60 ex prigionieri politici: chiedono l’aumento della pensione, come stabilito con Bachelet il 9 dicembre del 2014. Dal Canada alla Germania, diversi parlamentari di sinistra hanno espresso solidarietà.