In linea con una delle famose, icastiche affermazioni godardiane «Non bisogna fare cinema politico ma politicamente cinema», Michele Schiavino che da sempre ha in Godard uno dei suoi numi tutelari, con l’ultima operazione, ennesima tappa del suo lungo, articolato e complesso percorso artistico e culturale, mette proprio in pratica la convinzione che sono soprattutto l’autonomia produttiva e la totale libertà espressiva senza i condizionamenti delle sovvenzioni pubbliche e private a dare il segno «politico» di un lavoro di sperimentazione e ricerca.

Operatore culturale movimentista, cineasta militante e critico salernitano, Schiavino ha legato il suo nome a rassegne e iniziative sui generis e a documentari su Rossellini e Pasolini all’insegna di un costante lungo work in progress. Ora con il progetto Carnevale non deve morire portato avanti per anni con la sua associazione Off/cine, è andato oltre il work in progress complice la Pandemia che paradossalmente gli ha dato una mano a stravolgere ulteriormente l’andamento canonico dell’opera in fieri con le dovute interruzioni e lunghe pause rimescolando tappe, fasi, stili e linguaggi e trasformando il classico «fare di necessità virtù» in «fare della virtù un necessario valore etico e politico». Per approdare poi concretamente a un volume autoprodotto, autogestito e autodistribuito intitolato Zeze, chiacchiere e pampanelle. Viaggio nel Carnevale magico di Michele Schiavino edito dall’Archivio che porta il nome dell’autore, con allegato il dvd del film della durata di poco più di un’ora e impreziosito in apertura dalle «Note di un libretto per un’opera mai scritta» di Paolo Fresu e da un simpatico segnalibro con l’immagine del Pazzariello disegnato da Igort (pagg. 80, euro 20).

Con scritti dello stesso Schiavino, di Maria Teresa Schiavino, Attilio Bonadies, la sceneggiatura originale e vari interventi critici, il volume ricostruisce la particolare genesi e la laboriosa gestazione del film sottolinendo l’insolita commistione di cinema e teatro e la capacità di trasformare un’emergenza artistica in qualcosa d’altro. Lo spettacolo sulla morte di Carnevale che si doveva tenere al Piccolo Teatro di Porta Catena il primo marzo 2020 e nel quale dovevano confluire scene teatrali e immagini dei Carnevali popolari di Montemarano, Mercogliano e Avellino girate da Michele nel corso degli anni, saltò per la pandemia e durante la lunga sosta forzata prese corpo l’idea di farlo diventare un film.

Fu elaborata una sceneggiatura relativa alla prima parte del film con molte scene ancora da girare ma intanto ad agosto dello stesso anno si profilò la possibilità di presentare il film all’Arena del Mare di Salerno e si pensò di continuare la storia del film con uno spettacolo dal vivo durante il quale sarebbero state girate le scene che avrebbero costituito la seconda parte del film. Il risultato è stato un esperimento teatrale e cinematografico al tempo stesso, per cui durante lo spettacolo all’Arena affollata nonostante le misure restrittive, tra il palco e lo schermo interagivano in maniera simultanea, complementare e integrativa le sequenze della prima parte girate senza pubblico, la rappresentazione dal vivo del Carnevale con Pulcinella, il Pazzariello, i musicanti, la Morte, la moglie di Pulcinella, la Musica, Euridice, l’Ensemble del liceo musicale di Campagna, il Pulcinella di cartapesta e la proiezione in tempo reale di quello che succedeva sul palco e in platea.

Tutto in funzione di un film futuro che è diventato rapidamente un film presente in sintonia con l’approccio pasoliniano condiviso da Schiavino alla nostalgia messa in gioco dal carnevale «capace di evocare e di portare lo sguardo futuro verso qualcosa che non esiste più o non esiste ancora». «Il Carnevale magico – scrive l’autore – è questo attraversare tempi set e situazioni lontane nel tempo, del proprio cinema e di una memoria collettiva necessaria, terreno fertile e sempre ricco per raccontare storie.» E tutta l’operazione cineteatrale è impregnata della riflessione di Schiavino dell’impossibilità della rappresentazione della morte del Carnevale e della sua insofferenza per il copione stabile e statico.

Mescolando tempi e luoghi in un pastiche di codici narrativi, musicali, cinematografici, mettendo insieme esperienze artistiche e storie diverse con il supporto di consumati interpreti e volti/maschere incisivi, Schiavino nel ruolo del Pazzariello/regista/demiurgo ci accompagna nel suo viaggio divertendosi e divertendoci con la sua presenza brechtiana sulla scena, con la sua vistosa giacca rossa, con la sua bergmaniana partita a carte con la Morte che non riesce a fare una scopa. E ci invita godardianamente a liberarci delle separazioni codificate del cinema e del teatro e dell’ossessione di un inizio e di una fine moltiplicando estremisticamente il dialogo serrato tra i due media con le riprese dello spettacolo che propone anche riprese live e riprese precedenti.