La tappa più lunga di questo Giro d’Italia porta il gruppo da Tortoreto Lido a Pesaro. Ma in realtà sono due, le tappe, racchiuse in questi 240 km. Fino a poco oltre Senigallia si procede lungocosta, bighellonando dopo le scalmane di ieri negli Abruzzi. Lì si svolta e ci si tuffa a capofitto nel mangia-e-bevi delle colline Marchigiane, prima di riguadagnare il mare in vista del traguardo. Pedalasse ancora tra noi, col fido pappagallo Frankie sulla spalla a fargli compagnia in allenamento, si sarebbe divertito Michele Scarponi nei 100 chilometri finali irti di muri brevi e di pendenze cattive. Rideva sempre, Scarponi, il mezzo sorriso stampato sulla faccia scarna di chi si diverte senza prendere sul serio fino in fondo lo sforzo a cui i ciclisti vanno incontro.

Non che non fosse un vincente, anzi. Ma la vittoria sua più bella fu forse quando passò il traguardo fischiettando, a qualche minuto dai primi, dopo aver cullato il sogno di una vittoria di tappa ormai in saccoccia. Aveva bisogno di lui Nibali per vincere il Giro, Scarponi in fuga fece quasi un’inversione a U, lanciò il capitano al suo destino e si staccò. Ma sul traguardo fischiettava. Non rideva, anzi si scherniva, il giorno in cui gli fu assegnato un Giro in contumacia, per un chuletòn rimasto indigesto a Contador, una storia di gozzoviglie che l’antidoping non si bevve. Attraversando terre di capitani di ventura e masnadieri, da Galeotto a Buonconte, oggi anche il gruppo era atteso ad ingaggiare la battaglia. Non si può parlare fino ad ora di corsa rilassata, tra tappe lunghine per le abitudini moderne e tempo da lupi (tra tutti gli avversari Nibali ha dichiarato di temere in questi giorni l’influenza); ma le energie dei big se ne sono andate per rimanere in pista più che per guadagnare minuti.

La prima fuga (Frapporti e Cima) rientra presto; sta poi a Ciccone, Bidard e Vervaeke provarci in vista dell’ottovolante finale, ma il gruppo con i favoriti e i velocisti bene o male sopravvive e si rifà sotto qualche chilometro prima di entrare in città e imboccare il lungomare. La velocità è folle, i brividi e gli scatti riservati a serpeggiare attorno alle rotonde più che a seminare i rivali. Passa in testa Ackermann all’ultima curva, ma quello messo meglio è Caleb Ewan, che gli sfreccia accanto, precede Viviani e coglie il primo alloro.

Domani nella crono tra Riccione e San Marino prima giornata verità. Se fino ad ora tanto chiasso ha prodotto poca lana qualcuno tra i grandi favoriti dopo Verona forse penserà ad occasioni perse come questa.