Ci ha lasciati una delle figure più eclettiche della regia cinematografica e televisiva: Michael Apted. Inglese, nato a Aylesbury nel Buckinghamshire quasi ottanta anni fa, dopo gli studi londinesi ha lavoricchiato sino a quando uno stage gli cambia la vita. Succede nel 1964 a Manchester, presso Granada Television. Lui lavora come ricercatore galoppino, deve trovare dei bimbi di sette anni per una serie giornalistica televisiva dal titolo World in Action. Solo che quello a cui sta lavorando, per conto del regista Paul Almond, si rivela molto più importante della serie contenitore, passando alla storia televisiva come Up series. In sostanza quattordici bimbi vengono alla fine selezionati per essere intervistati come spaccato sociale dell’epoca dal titolo Seven Up. Sin qui niente di eclatante. Solo che sono stati reintervistati da Michael Apted che ne aveva colto la valenza, una prima volta sette anni dopo per 7 Plus Seven, poi puntualmente ogni sette anni.

NELL’ULTIMA sessione gli ex-bambini avevano 63 anni, offrendo così un quadro straordinario di vite vissute realmente e di possibilità di analisi che ha spinto Roger Ebert, uno dei più noti critici cinematografici statunitensi, a definire la serie uno dei dieci film più importanti di sempre. Quello che doveva raccontare solo le diverse estrazioni sociali di una società nel corso del mezzo secolo successivo è diventato molto, molto di più. Apted in tempi più recenti a proposito della serie Up ha detto: «Ho capito per la prima volta dopo venti anni che lavoravo a questo progetto che non avevo assolutamente fatto un film politico. Quello che io avevo originariamente visto come una importante esemplificazione della divisione di classe inglese, è diventato nei fatti un documento umanistico che racconta i problemi reali della vita».

Ovvio che quella prima esperienza abbia spinto Apted a proseguire sulla strada della regia. Inizialmente solo televisiva, alternando documentari a serie di fiction, sino a quando David Puttnam, fondamentale figura di produttore britannico, lo fa esordire al cinema con Triplo eco nel 1972, vicenda di un giovane che per non andare in guerra, seconda e mondiale, si traveste e si finge sorella di una contadina che lo asseconda. Discreta accoglienza, ma nulla di clamoroso. Neppure con Il segreto di Agatha Christie del 1979 con Vanessa Redgrave protagonista il regista riesce a sfondare.

CI VOGLIONO gli Stati Uniti, non proprio Hollywood, per il grande successo. Si tratta della trasposizione della storia della cantautrice country Loretta Lynn, La ragazza di Nashville, anche se il titolo originale suggeriva molto di più: Coal Miner’s Daughter, la figlia del minatore di carbone. Storia di povertà estrema e riscatto che Apted racconta con una sensibilità e un rispetto per i poveracci che all’epoca non era merce diffusa da quelle parti. Sei candidature all’Oscar, tra cui miglior film, e statuetta vinta dalla protagonista Sissy Spacek, scelta di concerto tra il regista e la stessa Loretta Lynn.

L’inglese è ormai lanciato nell’olimpo diventato hollywoodiano, così gli viene affidato uno dei compiti all’epoca più difficili: dirigere John Belushi nel suo primo film «serio»: Chiamami aquila. Ora bisogna ricordare che all’epoca John è il numero uno in tv, al cinema e nella classifica musicale, una sorta di bulimia del successo che lo spinge a ingurgitare non solo cibo come Bluto, ma anche sostanze di ogni tipo. Eccolo invece deciso a cambiare registro, a farsi guidare da Smokey, assunto apposta per farlo stare lontano da qualsiasi tentazione. John interpreta Ernie Souchak, un giornalista di Chicago inviato a intervistare un’eremita ornitologa sulle Montagne Rocciose per allontanarlo da gente corrotta che lui ha smascherato e che lo minaccia. Ma nonostante tutti i tentativi la magia non scatta. Poco dopo Apted dirige però un nuovo successo, Gorky Park, in cui la sua capacità narrativa più peculiare è legata all’ambientazione e alle notazioni della storia, più che alla semplice trama.

SEGUONO un’infinità di titoli tra cui spiccano Gorilla nella nebbia (’88), Nell (’94), Enigma (2001) Ma la sua versatilità è stata confermata soprattutto nel 1999 dalla chiamata alla regia di uno 007, Il mondo non basta, con Pierce Brosnan nei panni di James Bond.
Nel corso di tutta la sua vita Apted ha continuato a realizzare documentari (tra l’altro Incident at Oglala nel 1992 e anche uno sui mondiali di calcio del 2006), si è sposato spesso ha avuto molti figli, è stato designato presidente del sindacato dei registi americani dal 2003 al 2009, per poi diventarne tesoriere. Una vita professionalmente molto intensa, che però non gli ha mai impedito, ogni sette anni, di ritrovare i suoi vecchi quattordici protagonisti di Up per aggiornare le loro storie in un’impresa straordinaria.